Il Transatlantico supera il Covid Si riapre (ma i deputati non ci sono)

Alla Camera ieri è tornata la piena normalità. E come ogni lunedì gli onorevoli sono rimasti a casa

Migration

di Ettore Maria Colombo

Dopo due anni di chiusura causa Covid riapre il Transatlantico di Montecitorio, per espressa volontà del presidente della Camera, Roberto Fico. Lo stesso Fico ne aveva deciso la chiusura, a marzo 2020, trasformandolo in una sorta di prosecuzione dell’aula, con sedie per le postazioni (e i pc) di ben 120 deputati, in modo da garantire il necessario, e onorevole, distanziamento.

Ora, però, per imporre la riapertura, ha dovuto lottare contro un nugolo di deputati che, spaventati dalla recente recrudescenza del Covid, gli hanno scritto una lettera in ben 53 per tenerlo ancora chiuso. Ma cosa fatta, ormai, capo ha. Si riapre! E uno pensa che i deputati si affolleranno, felici ed esultanti, nel famoso Corridoio dei Passi perduti. Macché. Deputati presenti pochi, anzi pochissimi. Stefano Ceccanti (Pd), una macchina da guerra (97% di presenze alle sedute, dati di OpenPolis), tiene il conto meglio di uno stenografo d’aula: "Dunque, sui due provvedimenti oggi in esame (dl Giustizia, con dentro la norma ad hoc sui referendum, e ddl Pella sugli enti locali, ndr) erano presenti solo i deputati che dovevano parlare sui due testi: 6 (sei)". Sul ddl Pella 3 (tre). Per gli altri provvedimenti in esame (si chiama ‘discussione generale’ e si tiene sempre di lunedì) erano in 7 (sette). Il totale finale è 16 su 630 eletti "dal Popolo".

Dice: è lunedì, si sa, i parlamentari non amano frequentare l’aula, di lunedì, c’è "l’attività di collegio". Già, peccato che, anche durante la settimana, il tasso medio di onorevoli che partecipano alle sedute è assai scarsino (400). Insomma, neppure la riapertura del Transatlantico – un evento storico in sé – smuove i deputati. Certo, alcuni assidui frequentatori del Palazzo (Sensi del Pd, Giachetti di Iv, Magi di Più Europa), e pure della buvette, non mancano, ma la scena è quella del Deserto dei Tartari, cioè pre-Covid.

Resta che, finalmente, il Transatlantico è stato sgomberato da alacri operai, i due corridoi laterali sono stati riaperti (ma quello riservato ai fumatori non lo è più), i commessi hanno controllato, i funzionari vigilato e il Corridoio, pur senza più il tappeto rosso, ha ritrovato i suoi ‘passi’ abituali (e perduti): divani rossi (in realtà, sono bordeaux), le colonne di marmo, il soffitto che gli dà il nome (c’è dipinto un Transatlantico), la mitica buvette. Qui la sorpresa, però, si fa subito amara: ingressi contingentati (massimo 21), cordone all’entrata, plexiglass al bancone e tavolini rotondi in mezzo. Menù tipo, prezzi non rincarati, ma non popolari. Si rivedono i soliti panini (cattivi), i mitici supplì, ma, ad addentarli e trangugiare caffè, sono in 21.

Ylenja Lucaselli (Fd’I, altra ‘stakanov’ dell’aula) parla di "sensazione strana". "Ormai ci eravamo abituati al Transatlantico come prosecuzione dell’aula, ma bisogna tenere l’attenzione alta, sul Covid perché il Green Pass (obbligatorio, ndr) non basta". Morale, gli unici contenti sono i cronisti…