Il tramonto del Senatùr L’ira cova nei cuori leghisti "Umberto tradito da Salvini"

Viaggio a Gemonio, il paese di Bossi. "La sua esclusione è uno schiaffo". La sezione del Carroccio in disuso, le tessere non rinnovate: fine di un’era

Migration

di Gabriele Moroni

GEMONIO (Varese)

Il dolce sole settembrino inonda piazza Vittoria a Gemonio. Sono rimasti i festoni che domenica scorsa hanno accolto don Mario, il nuovo parroco. I manifesti annunciano la Festa della polenta per il 16 ottobre. La sezione della Lega è chiusa da tempo. Sulla porta di legno un marrone anonimo ha sostituito lo sfavillante verde padano. Si accora Claudio Bodini, 15 anni di militanza prima nella Lega dei pionieri, poi in quella trionfante, tessera non più rinnovata. "È chiusa da 7 anni, da quando ci siamo spaccati e abbiamo perso le elezioni. Non è più la nostra Lega: io continuo a votarla. Salvini ha fatto confusione e ha pagato. La colpa è esclusivamente di Salvini. Inutile girarci attorno con mezze parole: è colpa di Salvini". "Mi dispiace che dopo trentacinque anni Bossi non torni in Parlamento. Però sono convinto che potrà portare lo stesso il suo contributo, un consiglio, una dritta. Anche se a quest’uomo che ha dato tanto non hanno fornito risposte". Perché, convinzione di antico militante, Bossi è la Lega e viceversa, una simbiosi, un legame inscindibile.

Dall’album della memoria, dove si allineano i ricordi, Bodini ne estrae uno, drammatico: "Quando Bossi è stato male la prima volta, l’ho preso io, che ero soccorritore a Cittiglio. Sapevamo che si andava in casa di Bossi, non sapevamo che la persona da soccorrere era lui, l’Umberto. Lo abbiamo trovato in pigiama, che non respirava". Compare in piazza Salvatore Palazzo, origine frusinate, nel Carroccio dal 1990, segretario della sezione per 10, ex capogruppo in Comune, gran depositario della tradizione leghista di Gemonio. In tempo per dividere con l’amico e compagno di tanta strada le memorie di ieri e l’amarezza del presente. "Oggi è una giornata triste, di lutto politico. Quello che è successo a Bossi è una conseguenza della fatto che la Lega ha abbandonato la sua storia. Ai tempi di Bossi in provincia di Varese avevamo il 70%. A Gemonio ne prendevamo dai 500 ai 700 voti, eravamo il primo partito. Adesso arriviamo a 200, la Meloni ne ha il doppio e tanti sono stati presi alla Lega. Non si può barattare l’autonomia per parlare di immigrazione e di barconi. O andare a Pontida e tirare fuori il canone Rai che va abolito. Questa non è più l’era di Bossi, ma anche quella di Salvini è finita. Salvini si è allungato troppo nel Meridione e ha perso l’identità del nord".

Bossi, Bossi. Bos-si Bos-si. Tempi lontani, quando quel bisillabo risuonava scandito da una folla entusiasta. La ferita di oggi nei vecchi cuori leghisti. Un balsamo. "Lo facciano – aggiunge Palazzo, d’accordo con Salvini – senatore a vita. Lo merita. Ha dato tutto alla Lega. Ha dato la vita". In mattinata un impegno fissato da tempo. La Bmw che riporta Umberto Bossi a Gemonio scende lungo via Verbano quando sono trascorse da pochi minuti le tre del pomeriggio. In attesa il figlio Renzo che un paio di volte, al volante della sua Citroen Nemo, ha fatto da battistrada all’arrivo del padre. Una paglietta di giornalisti. La gazzella con due giovani carabinieri. Sono lontani, quasi irreali, anche i tempi di quando casa Bossi era stretta d’assedio. Il silenzio. Il calore della famiglia per il patriarca che sta vivendo il suo ennesimo autunno. Una sola persona socchiusa. Luci che rimangono spente fino a sera. Un patriarca solitario. Un condottiero anziano, malato e stanco eppure, a suo modo, non ancora domo. Superato, forse, dai tempi perché i tempi hanno superato un sistema, un modo di vivere la politica e di interpretarla. "Dobbiamo – è l’analisi di Fabio Felli, sindaco di Gemonio per due mandati, oggi consigliere di minoranza – ringraziare sempre Bossi". Nel suo paese, in una culla storica della Lega, Umberto Bossi non smette di essere amato.