Giovedì 25 Aprile 2024

Il tesoro del boss Scoperta l’altra tana Pietre preziose e gioielli nel bunker segreto

La stanza ricavata in un secondo appartamento di Campobello di Mazara. Ingresso nascosto da una porta scorrevole dietro l’armadio dei vestiti. La casa è di un ex consigliere comunale indagato per mafia e poi assolto

dall’inviato

Giorgio Caccamo

(Trapani)

La casa rosa spicca in mezzo ad alcuni ruderi sulla via e ad altre palazzine meno curate. Ha anche un bel portone di legno laccato. Su un’abitazione di fronte c’è ancora un serbatoio dell’acqua di Eternit. A un certo punto, l’attenzione concentrata sulla palazzina di vico San Vito alias via Cb 31 ("una giostra, un carosello", commenta con sprezzante disincanto il benzinaio di fronte al primo covo di Matteo Messina Denaro) si sposta su un’altra traversa di via Vittorio Emanuele, la strada principale di Campobello di Mazara. Si chiama via Maggiore Toselli e al numero 34 si dice che sia stato trovato un altro bunker del boss. Sfrecciano le auto dei carabinieri e della guardia di finanza, la traversa viene bloccata all’incrocio con altre due stradine.

Entrano i Gico, i reparti d’élite delle Fiamme gialle, che qui sarebbero arrivati grazie a un’analisi catastale. E qui, effettivamente, il bunker c’è, in una stanza blindata nascosta dal fondo scorrevole di un armadio, come nel più classico dei thriller. A meno di un chilometro dalla casa intestata ad Andrea Bonafede. Questa palazzina (si estende al civico 32) invece è di proprietà di Errico Risalvato. La chiave agli investigatori l’ha data lui stesso. Il suo nome non è proprio sconosciuto. È stato consigliere comunale a Castelvetrano, per due volte sfiorato (2001 e 2019) da indagini di mafia, di cui almeno una relativa proprio alla latitanza di Messina Denaro, ma sempre scagionato. Il fratello, però, è Giovanni Risalvato, condannato a 14 anni per mafia e ora libero (fa l’imprenditore edile). Giovanni, detto “Vanni Pruvulazzu“, intercettato diceva di sognare addirittura di andare a vivere con il boss, tenergli compagnia, gestire gli affari e fumare tante sigarette con lui.

Qui, nelle strade vicine, c’è curiosità, la gente lancia almeno uno sguardo a questo angolo di paese ancora una volta rivoltato dalle indagini alla ricerca dei segreti del boss. Dalla palazzina di fronte, tre bambini si affacciano dal balcone e salgono pure in terrazzo per vedere meglio che cosa sta succedendo. Si creano capannelli ma nessuno vuole commentare. I più dicono "non sono neanche di Campobello". Chissà. Un ragazzino scende al volo dallo scooter e chiede all’amico "che fu?". La risposta è sussurrata all’orecchio e la replica è una smorfia impercettibile.

La perquisizione dura ore. Entrano anche il procuratore aggiunto Paolo Guido e il responsabile del primo reparto del Ros, Luigi Arcidiacono, l’uomo che ha arrestato Messina Denaro. Guido esce una prima volta poco prima delle 15, la tensione visibile sul volto. Cerca di stemperare: "Vado a prendere un caffè", scortato da un muro di carabinieri. Torna poco dopo. "Il caffè era buono", sorride. Poi va via e si ripete la scena: zero parole. A parte la risposta a un cronista. "C’è ottimismo? Questo almeno ce lo può dire". "Sì, sempre... L’ottimismo della volontà". Gramsci.

Gli uomini del Gico cercano anche sul balcone al primo piano, controllano le cornici delle porte-finestre, ogni angolo può nascondere segreti. Un agente dei Ris di Messina entra ed esce più volte: ai rilievi scientifici è affidato il compito di scovare tracce e soprattutto impronte digitali. Il covo è in realtà un vero e proprio bunker, un rifugio sicuro e temporaneo. Nessun letto. Niente suppellettili. Ci sono scatoloni, alcuni forse contengono documenti, altri sono vuoti. Nelle ultime 48 ore, dopo l’arresto di Messina Denaro, l’appartamento è stato nella disponibilità dei proprietari. Il sospetto è che qualcuno possa aver portato via i beni più compromettenti, forse altre carte. Pochi fronzoli nell’arredamento, ma ci sono gli immancabili beni di lusso che hanno accompagnato tutta la vita dell’ex imprendibile: gioielli, diamanti, smeraldi, collane, quadri, chissà se tutti autentici. L’ennesimo segreto di questa storia da film ma drammaticamente vera.

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