Venerdì 19 Aprile 2024

Il terzo settore che il Paese non può ignorare

Antonio

Troise

Il caro-energia non fa sconti a nessuno. Dovunque il copione è lo stesso, con le bollette spesso decuplicate rispetto a un anno fa. Tutti sullo stesso livello, ricchi e poveri, grandi aziende e piccoli artigiani. Mal comune mezzo gaudio? No, mai proverbio fu meno azzeccato, soprattutto se si guarda al "terzo settore", come denunciato ieri da San Patrignano. Qui l’esplosione dei prezzi fa male di più che altrove, ferisce nel profondo bilanci che usano il metro della solidarietà e dell’assistenza per misurare il proprio perimetro economico. Numeri che già faticano a reggersi in periodi ordinari, e che ora sono ancora più difficili da far quadrare. Anche perché, mentre le aziende "profit" possono pur sempre ribaltare sui prezzi finali l’aumento delle bollette, le imprese no profit e le cooperative sociali non hanno alcun tipo di salvagente. Così, nelle ultime settimane, hanno già fatto suonare più di un campanello di allarme, spiegando di essere di fronte a un bivio: o pagare le bollette o chiudere i battenti. Come a dire: una terza via non esiste neanche per il terzo settore. Non si tratta di un tema di poco conto. E non solo perché il "no profit" è una voce importante della nostra economia, con un giro di affari di 80 miliardi e un organico che fra volontari e dipendenti supera i 6 milioni e mezzo di lavoratori. La verità è che il terzo settore eroga spesso servizi essenziali per le fasce più deboli dei cittadini, dagli anziani ai malati, dai giovani che hanno bisogno di assistenza ai banchi alimentari. Servizi che da tempo i Comuni hanno affidato a imprese o cooperative sociali e che ora rischiano di essere sospesi a tempo più o meno indeterminato. È vero che nessun argine può contenere l’impennata dei prezzi e che la crisi colpisce tutti. Ma è anche vero che ci sono settori, come quelli del no profit, dove le regole del mercato andrebbero se non altro "sospese" per evitare che a pagare il prezzo più alto della guerra del gas siano, ancora una volta, i più fragili e i più deboli.