Mercoledì 24 Aprile 2024

Il suo grido: mia grandissima colpa Così Benedetto riscatta la Chiesa

Parole forti e cariche di verità. Ma Ratzinger è stato tra coloro che più si sono impegnati contro gli abusi

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di Lucetta

Scaraffia

Se c’è una via di salvezza per la Chiesa che sembra alle corde sotto l’urto dello scandalo per gli abusi sessuali (le cui denunce non danno segno di arrestarsi), se c’è una possibilità di uscirne con dignità la via è una sola: quella segnata dalla lettera del papa emerito. Con profonda commozione infatti si leggono le parole forti e cariche di dolore e di verità che Benedetto XVI, vecchio e fragile, ha saputo trovare per rispondere alle accuse mossegli dall’inchiesta sulla diocesi di Monaco.

Abbandonata la strada più facile, quella di negare di essere a conoscenza degli eventi che gli sono imputati, Ratzinger, esordendo nella lettera con la parola "confessione", si assume la responsabilità di ciò che è accaduto, e ammette che la modalità di comportamento delle gerarchie ecclesiastiche di fronte agli abusi costituisce "grandissima colpa". Anche se probabilmente non ha avuto responsabilità personali per singoli casi – bisogna ricordare invece come si è battuto per arrivare alla condanna di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo – il papa emerito accetta di assumersi personalmente una responsabilità che in realtà coinvolge tutti coloro che hanno ricoperto cariche importanti nella colpevole gestione della questione degli abusi.

Benedetto XVI adopera le stesse parole forti che ha usato Francesco a proposito del rapporto voluto dall’episcopato di Francia ("vergogna", "dolore", "domanda di perdono"), ma con un’aggiunta necessaria: chiama corresponsabile per quanto accaduto tutta la gerarchia ecclesiastica. Il richiamo al dolore di Cristo sul monte degli Ulivi, mentre i discepoli dormivano, non lascia dubbi: mentre le vittime soffrono – come Gesù, la vittima per eccellenza – anche i vescovi chiudono gli occhi.

Ratzinger capisce bene che solo assumendosi, come Chiesa, tutta la responsabilità dello scandalo si può sperare di uscirne per rifondare un rapporto chiaro e onesto con i fedeli. Tutti i discorsi di chi critica le inchieste – mentre due grandi paesi cattolici come Italia e Spagna si rifiutano tuttora di guardare la realtà degli abusi al loro interno – e tutti i tentativi delle gerarchie ecclesiastiche di spostare l’attenzione dalle proprie colpe con promesse, sempre meno credibili, di prevenzione e di aiuto alle vittime, non servono a niente. E non fanno che confermare il sospetto che, come sempre, si voglia negare e insabbiare.

In una recente intervista a El País il gesuita Zollner ha difeso con grande coraggio la necessità di inchieste indipendenti, denunciando il comportamento degli episcopati timorosi che emergano dalle indagini il reale grande numero delle vittime, con la conseguenza di dover pagare somme ingenti come risarcimento. Pensano che la Chiesa debba essere protetta – dice – mentre in realtà sono le vittime a dover essere protette. E aggiunge che, anche se molti casi sono ormai caduti in prescrizione perché le vittime non hanno avuto la forza di denunciare per molto tempo, non si tratta di un problema legale: i vescovi hanno il dovere di riparare tante ingiustizie e violenze. Padre Zollner avverte poi che "se la Chiesa non compie il suo dovere, lo farà qualcun altro".

Cominciano dunque ad alzarsi voci, anche dall’interno, che chiedono verità. Le parole del vecchio papa emerito, che si sente vicino al confronto con la giustizia divina, tracciano la strada giusta. Quella dell’assunzione di responsabilità nella colpa, l’unica strada per uscire da una situazione di crisi profonda della Chiesa, una crisi che vede messa in discussione la figura stessa del sacerdote.