Lunedì 22 Aprile 2024

Il Sultano vince, il Paese è spaccato "Abbiamo scritto di nuovo la storia"

Erdogan viene confermato presidente con il 52 per cento dei voti. È il suo terzo mandato. L’opposizione di Kilicdaroglu protesta: "La campagna elettorale più ingiusta degli ultimi anni".

di Marta

Ottaviani

Nei giorni scorsi, lo aveva anticipato: domenica sera passeremo alla festa. E al Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, le promesse piace mantenerle. Ieri il Reis, il capo, come lo chiamano nel suo partito islamico, è stato incoronato capo di Stato per la terza volta consecutiva, raggiungendo circa il 52% dei consensi.

Una percentuale non plebiscitaria, ma che sancisce una vittoria senza dubbi e dà al leader di Ankara un mandato pieno e difficilmente contestabile, conquistato in un secondo turno che, nonostante il risultato per molti già scritto, ha registrato una percentuale al voto di quasi l’85%. Proprio questo dato viene utilizzato da Erdogan e il suo partito per sottolineare la solidità e la maturità della democrazia turca. Come a dire: ci votano e sono in tanti, non vi azzardate a parlare di dittatura. "Abbiamo scritto la storia – ha detto il presidente in un primo discorso davanti alla sua residenza sul Bosforo – siamo partiti da Istanbul e continueremo il nostro cammino da Istanbul. Ringrazio tutti quelli che sono andati a votare. Questa è una elezione in cui hanno vinto tutti, perché la Turchia è una democrazia forte. Fidatevi, rimarremo laici". Peccato che subito dopo abbia attaccato la coalizione avversaria, accusandola di aver preso i voti della comunità Lgbt e sottolineando come il suo partito islamico Akp non abbia mai fatto nulla del genere.

In ultimo, un veloce pensiero allo sfidante al quale ha detto "bye bye Kemal", ma la sua voce è stata coperta subito da un’ondata di fischi da parte dei sostenitori. A Kilicdaroglu non è rimasto altro che fare una breve dichiarazione nella quale però non ha mai ammesso la sconfitta e si è limitato a dire che continuerà a combattere per la democrazia. Non prima però di essersi tolto qualche sassolino dalla scarpa. L’anziano leader ha definito quello appena concluso "il processo elettorale più iniquo degli ultimi anni", riferendosi non solo allo spazio spropositato dedicato a Erdogan dai principali media nazionali, ma anche alle campagne di disinformazione, che hanno colpito l’opposizione e poi si sono rivelate false.

Da una rapida analisi del voto, sembra che l’affluenza sia calata nelle zone a maggioranza curda, segno che la campagna elettorale dell’opposizione, di segno nazionalista e anti migranti, alla minoranza è piaciuta poco. Erdogan ha perso, ma di poco, a Istanbul, dove il prossimo anno si voterà per le elezioni municipali e che il presidente della Repubblica ha già identificato come il suo prossimo obiettivo. Probabilmente perché l’attuale sindaco, Ekrem Imamoglu, è considerato l’unico che lo possa battere, anche se, dopo questa ennesima sconfitta, l’ultima cosa che ha voglia di fare l’opposizione è guardare al futuro. Anche se forse dovrebbe.

Il presidente è appoggiato da una coalizione islamo-nazionalista. Ha una solida maggioranza in Parlamento, ma non abbastanza per cambiare la Costituzione. Ma i pochi voti che gli mancano può reperirli nei partiti della coalizione di opposizione, visto che alcuni di loro sono di fatto partiti di destra, spaccando così quel fronte anti Erdogan che aveva fatto coltivare un po’ troppe speranze a troppi.

L’immagine è quella di un leader alla testa di un Paese che non solo lo vota, in gran parte approva l’idea di Turchia che ha in mente e che con l’Occidente e i valori europei ha davvero poco a che vedere. Non solo. Anche chi gli è opposto, usa gli stessi argomenti: il nazionalismo, date simboliche come la caduta di Costantinopoli, che si ricorda oggi e che proprio sotto Erdogan è diventata una festa nazionale, che ha assunto sempre più significato di anno in anno. Segno che il gioco lo conduce comunque lui e che per battere un Erdogan un anti Erdogan non serve. Perché, alla fine, questa Turchia a cui il presidente ha dato forma piace. La brutta notizia, è che è un Paese che cova sentimenti antioccidentali e vuole avere un ruolo sempre più importante sullo scacchiere internazionale a spese nostre.