Il sociologo: una rivoluzione "Anche l’Italia è pronta al salto"

Francesco Morace, sociologo e fondatore di Future concept lab, istituto di ricerca e consulenza strategica sull’innovazione con sede a Milano, ritiene che l’iniziativa del gruppo Intesa Sanpaolo abbia un potenziale rivoluzionario?

"La proposta di Intesa Sanpaolo si inscrive in uno scenario più ampio, irrimediabilmente trasformato dalla pandemia, dai ripetuti lockdown e dallo smart working. L’approccio all’attività professionale, soprattutto da parte dei ‘millennials’ (la generazione dei nati tra il 1981 e il 1996), non è più lo stesso".

Meno lavoro e più tempo per sé?

"Abbiamo compreso l’importanza di dedicare tempo di qualità ad altri aspetti della vita, come la famiglia, gli affetti, le passioni. Si fanno largo priorità inedite: nei colloqui di lavoro, la richiesta dell’auto aziendale, ad esempio, ha ceduto il posto a quella dello smart working o, più in generale, di forme di flessibilità impensabili fino a pochi anni fa".

Che ruolo hanno le nuove tecnologie?

"L’esplosione digitale ha progressivamente eroso i confini tra vita lavorativa e vita privata, facendo emergere, per contro, l’esigenza di disconnessione. Da qui il delinearsi di fenomeni inediti, nati negli Usa e ormai diffusi anche da noi: dalle ‘grandi dimissioni’ al più recente ‘quiet quitting’".

Cosa significa?

"Indica la volontà di attenersi strettamente agli orari di lavoro e ai compiti assegnati, senza farsi prendere dall’ansia costante di andare oltre, per dimostrare ai superiori le proprie capacità".

A parità di stipendio, la settimana corta può tradursi anche in un’occasione per innescare nuovi consumi? Pacchetti vacanza, intrattenimento, sport?

"Può favorire una crescita culturale e professionale vantaggiosa non solo per il lavoratore, ma anche per l’azienda. Basti pensare alla possibilità di visitare una mostra, leggere un libro o frequentare master e corsi di formazione".

Modalità di lavoro più legate al senso di responsabilità che al ‘cartellino da timbrare’: riusciranno ad affermarsi anche nel nostro Paese?

"In Italia siamo abituati ad associare la produttività al controllo, in virtù di un retaggio che definirei feudale. ‘Si lavora solo quando il capo ti alita sul collo’: lo si vedeva, ad esempio, nei film di Fantozzi. La pandemia e l’adozione massiccia dello smart working hanno già scardinato questa convinzione, lasciandoci una certezza: per quanto in ritardo rispetto ad altri Paesi (il Nord Europa su tutti), anche noi siamo pronti per un deciso salto culturale".

Maddalena De Franchis