Il signor Mario parla in italiano Bravo Draghi

Giorgio

Comaschi

to facendo il decluttering della mia stanza, ma intanto mio figlio sta preparando un attività ready to cook con un amico. Adesso non può fare una call perchè è in shower, poi va a un brand storming ad Abbiategrasso e domani va a vedere una location nel water front di Torre Pedrera, mentre mia figlia ha una class oggi e stasera fa una room con le amiche, quindi stay tuned se la vuoi ascoltare". Siamo così. Parliamo così. E Draghi si accorge, mentre sta leggendo un discorso, che smart working e baby sitting gli suona stonato. E lo dice. Facendo crollare le mascelle e i menti a tutti gli italiani che ogni tre parole ne mettono una in inglese. Lui che l’inglese lo sa benissimo. Ma da persona sensata usa "What ever it takes" se parla in Europa e l’italiano quando parla in Italia. Il signor Mario, che è nato a Roma, scoperchia il pentolone della nostra debolezza, quella di essere i più grandi provinciali del globo, perchè chi mette una parola di inglese ogni tre non sta bene e ha bisogno di cure. È l’ammissione della nostra inferiorità. "Io uso ’feedback’, perché sono di Scandicci e così sono figo". Tu credi di essere "figo". La nostra povertà è tutta lì, in questo intestardirsi a usare termini che il cinquanta per cento della gente non capisce.

Se devi sgombrare la tua stanza e dici che devi fare il decluttering vuole dire che hai perso, non sei all’altezza, e hai preso gol in contropiede, dall’Europa e dal mondo. Perché i francesi usano parole loro? Perché non dicono neanche computer, ma ordinateur? Carosone ce lo cantava già 70 anni fa: "Tu vo’ fà l’americano". E Totò diceva: "Parla come mangi". Noi no. Noi vogliamo essere alti, ma diventiamo piccolini. E Draghi ci ha fatto piccolini l’altro giorno, trasalendo mentre leggeva "baby sitting" e dicendo pubblicamente. "Chissà perchè dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi…?". Secondo me si è anche dato immediatamente una risposta. Ma, avendo pietà di noi, l’ha tenuta per sé.