Il Senatur di nuovo in campo Mille con Bossi, sfida a Salvini "Torniamo a parlare di Nord"

Le parole del fondatore: "La gente mi ferma per la strada, mi chiede di fare qualcosa". Il segretario non viene mai nominato ma l’accusa è esplicita: il partito ha perso la sua identità

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di Gabriele Moroni

VELLEZZO BELLINI (Pavia)

Una pioggia che non concede tregua infradicia i manifesti disposti lungo la statale dei Giovi: l’effigie di Umberto Bossi con l’indice puntato che un po’ ricorda quella dello Zio Sam e il famoso ‘Voglio te’. Il richiamo del vecchio condottiero viene raccolto. Sono un migliaio ad attenderlo e non basta a contenerli tutti la sala del castello di Giovenzano, frazione di Vellezzo Bellini, nel Pavese, che ospita il primo incontro pubblico del Comitato Nord. Il fondatore e presidente a vita lo ha voluto con l’obiettivo dichiarato di riportare la Lega all’originaria vocazione autonomista e territoriale dopo il tonfo alle elezioni politiche di settembre.

"Sta arrivando", "Ecco Umberto Bossi", annunciano poco prima di mezzogiorno dal palco, subito stretto d’assedio da giornalisti, fotografi, operatori televisivi. La gente inizia a scandire "Bos-si, Bos-si", come una eco di tempi lontani. Parte anche un "Padania libera". L’applauso. Parte la musica del coro del Nabucco. "Ecco, capo – dice l’europarlamentare Angelo Ciocca, coordinatore del Comitato con Paolo Grimoldi –, sono qui tutti per te".

Il patriarca seduto sulla carrozzina è sofferente, la voce come sempre rauca, ma ancora una volta si mostra deciso ad allontanare il suo autunno. Vede Castelli, lo saluta con un "Ciao Roberto" e lo invita a salire. L’ex ministro non è l’unico leghista storico presente. C’è Giuseppe Leoni, uno dei fondatori della Lega Lombarda. Ci sono Francesco Speroni e Dario Galli. Da Lampedusa è salita Angela Maraventano, prima leghista dell’isola, vicesindaca per cinque anni. Bossi inizia a parlare. Un intervento che senza mai nominare Matteo Salvini assume toni fra l’accorato e il polemico nel richiamare l’identità "cancellata" della Lega e si fa sferzante con il monito che "senza identità un movimento politico muore": messaggio chiaro e diretto al segretario-ministro.

Bossi lancia come un motto: "Rinnovare senza distruggere". Tutto questo senza "punire" nessuno. Quando si descrive fermato per strada dai tanti lo sollecitavano a ridiscendere in campo, ritrova il piglio del tribuno popolare. "Io, Angelo e Paolo abbiamo dato vita al Comitato Nord quando si è capito che era arrivato il momento. È il momento di alzarsi in piedi. I risultati elettorali negativi sono venuti come conseguenza di momenti che abbiamo sofferto, che hanno cambiato l’identità della Lega. Sapevamo tutti come sarebbe andata a finire. Abbiamo dovuto aspettare la crisi elettorale per muoverci liberamente. Un movimento politico non può vivere se non ha una sua identità politica precisa. Abbiamo dato vita al Comitato per rinnovare la Lega, non per distruggere. La Lega è l’unico strumento contro il centralismo romano. Distruggerla sarebbe un errore. Temevamo che molta gente se ne sarebbe andata, non possiamo accettarlo senza fare niente".

"Ho anche maturato la convinzione che noi da soli non possiamo andare avanti a dirigere – aggiunge il Senatur –. Da oggi tutti voi partecipate alla direzione del Comitato Nord. Il Comitato non è un cosa centralista. Non possiamo essere centralisti a casa nostra. Chiedere l’autonomia significa essere per prima cosa autonomisti".

E ancora: "Siamo qui per rinnovare la Lega, non per fare un piacere al centralismo romano. Un mese fa non si pensava di avere tanta gente. Il problema era sentito. C’è la volontà di rinnovare. Non ci interessa punire. Non vogliamo mettere al muro nessuno. Uno governa il partito per quello che è capace di fare, per quello che gli è permesso fare".

Una pausa riempita da un "Libertà" lanciato dall’affollatissima platea, un "Bos-si, Bos-si", prima che il gran demiurgo riprenda. "Non potevo più andare in giro che arrivavamo i militanti della Lega: ‘Bossi’, fa’ qualcosa’. E noi non potevamo stare fermi". Riserva uno strale polemico all’ormai lungo commissariamento della Lega in Veneto. Chiama accanto a sé Toni Da Re, ultimo segretario eletto della Liga Veneta, e lo rassicura: "Quello che è capitato cambierà, non dubitare, cambierà". Ciocca annuncia: "I lombardi, i veneti, ci sono. Ci sono Piemonte e Marche. Da oggi iniziamo a lavorare in altre regioni". "Agli ordini", risponde il comandante ottuagenario abbozzando il saluto militare. Il "Va’ pensiero", questa volta cantato con la mano sul cuore, secondo il rituale leghista.