Mercoledì 24 Aprile 2024

Il Senato ‘condanna’ i pm fiorentini "Su Renzi hanno violato la legge"

Caso Open, l’Aula accoglie le tesi dell’ex premier e dice sì al conflitto di attribuzioni. Favorevoli 167 contro 76

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di Ettore Maria Colombo

ROMA

Altro che Calenda. Per spaccare l’alleanza giallo-rossa in modo verticale e ufficiale, cioè in un’aula del Parlamento ci voleva solo lui, Matteo Renzi. Subito dopo la contro-arringa tenuta dal leader di Italia Viva contro il pm di Firenze che lo ha mandato a processo sul caso Open, il Senato si esprime sul conflitto di attribuzioni chiesto da Renzi sulla scorta del parere della Giunta per le Immunità di Palazzo Madama, secondo cui i messaggi scambiati su WhatsApp nel 2018, quando l’ex premier era senatore, vanno considerati come fossero corrispondenza: per questo motivo, i magistrati avrebbero dovuto chiedere preventiva autorizzazione al Senato prima di acquisirli.

Il voto non lascia adito a dubbi. L’aula del Senato vota in modo schiacciante (167 voti favorevoli contro solo 76 voti contrari, neppure un astenuto) a favore della proposta della relatrice della giunta per le immunità, l’azzurra Fiammetta Modena, di sollevare un conflitto di attribuzione alla Consulta in merito ad alcuni passaggi dell’inchiesta giudiziaria sulla fondazione Open che riguardano Renzi. Non solo Iv, ovviamente, e non solo il Pd, ma anche l’intero centrodestra (Lega, Fd’I, FI) vota in modo compatto per dare ragione a Renzi. Contro il conflitto di attribuzione restano solo i senatori di M5s (ha parlato il capogruppo Castellone), LeU (Grasso) e pezzi del Misto.

L’arringa di Renzi, che difendeva sé stesso, ma che ha convinto molti colleghi, è appassionata. I pm di Firenze "non hanno seguito le regole". L’inchiesta è quella di "un giudice che vuole stabilire cosa sia una corrente di partito". Il processo? "Chi dice che scappo mente sapendo di mentire, andrò a tutte le udienze". La stampa? "Si fida di più delle veline della Procura che delle sentenze della Cassazione", e qui il riferimento è alla pubblicazione sui giornali di una lettera, allegata agli atti, con cui il padre di Renzi, Tiziano, critica aspramente il cerchio magico del figlio. Renzi richiama più volte la sentenza della Suprema corte che l’altro giorno, per l’ennesima volta (la quinta), ha ordinato il dissequestro dei documenti di Marco Carrai, fidato braccio destro di Renzi nella fondazione Open, minando la tesi dei pm della procura. "Noi non attacchiamo la magistratura, la rispettiamo" assicura Renzi, "il punto è il rispetto della legge. Il nostro è un gesto di civiltà, non un atto eversivo contro un giudice che vuole decidere cosa sia una corrente, come si deve organizzare, facendo venire meno il concetto di separazione dei poteri e la libertà del Parlamento di stabilire le regole della politica. In democrazia, non è un giudice che stabilisce cosa è un partito e cosa no. Fare politica non è reato".

Già prima del voto Renzi aveva incassato diverse attestazioni di solidarietà. Quella di Matteo Salvini, ad esempio: "Io sono anche imputato e vorrei essere giudicato da un giudice terzo e imparziale. Non sono contro o pro Renzi, ma ritengo indegna di un Paese civile la pubblicazione degli estratti conto di un cittadino o la lettera di un padre a un figlio". Il partito di Enrico Letta si esprime per il conflitto di attribuzione in punta di diritto e con qualche tono accorato e affettuoso (Marcucci, Margiotta): in Giunta i Dem si erano astenuti, poi la virata sul voto pro-Renzi anche perché molti senatori del Pd avrebbero votato per lui a prescindere.

Cinque Stelle e LeU sono contro, ma in punta di diritto. Conte dice di non avercela con Renzi, ma di difendere "i valori e i principi del Movimento". Però le critiche alla scelta del Pd fioccano: "Un atto grave" lo definiscono molti pentastellati. Ma il Senato è tutto dalla parte di Renzi. Il quale, a sera, tira un soddisfatto sospiro di sollievo: "Maggioranza schiacciante perché anche i pm di Firenze rispettino legge e Costituzione. Una bella giornata". Al netto del commento, sintesi perfetta.