di Ettore Maria Colombo ROMA Altro che Calenda. Per spaccare l’alleanza giallo-rossa in modo verticale e ufficiale, cioè in un’aula del Parlamento ci voleva solo lui, Matteo Renzi. Subito dopo la contro-arringa tenuta dal leader di Italia Viva contro il pm di Firenze che lo ha mandato a processo sul caso Open, il Senato si esprime sul conflitto di attribuzioni chiesto da Renzi sulla scorta del parere della Giunta per le Immunità di Palazzo Madama, secondo cui i messaggi scambiati su WhatsApp nel 2018, quando l’ex premier era senatore, vanno considerati come fossero corrispondenza: per questo motivo, i magistrati avrebbero dovuto chiedere preventiva autorizzazione al Senato prima di acquisirli. Il voto non lascia adito a dubbi. L’aula del Senato vota in modo schiacciante (167 voti favorevoli contro solo 76 voti contrari, neppure un astenuto) a favore della proposta della relatrice della giunta per le immunità, l’azzurra Fiammetta Modena, di sollevare un conflitto di attribuzione alla Consulta in merito ad alcuni passaggi dell’inchiesta giudiziaria sulla fondazione Open che riguardano Renzi. Non solo Iv, ovviamente, e non solo il Pd, ma anche l’intero centrodestra (Lega, Fd’I, FI) vota in modo compatto per dare ragione a Renzi. Contro il conflitto di attribuzione restano solo i senatori di M5s (ha parlato il capogruppo Castellone), LeU (Grasso) e pezzi del Misto. L’arringa di Renzi, che difendeva sé stesso, ma che ha convinto molti colleghi, è appassionata. I pm di Firenze "non hanno seguito le regole". L’inchiesta è quella di "un giudice che vuole stabilire cosa sia una corrente di partito". Il processo? "Chi dice che scappo mente sapendo di mentire, andrò a tutte le udienze". La stampa? "Si fida di più delle veline della Procura che delle sentenze della Cassazione", e qui il riferimento è alla pubblicazione sui giornali di una lettera, allegata agli atti, con cui ...
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