Mercoledì 24 Aprile 2024

Il sacrificio di Moro messo all'asta. In vendita il primo volantino delle Br

All’incanto il comunicato del rapimento del leader Dc, evento che cambiò l’Italia. Prima offerta: 1.700 euro. I terroristi lo fecero trovare con una foto dello statista il 18 marzo 1978. Ora è trattato come un memorabilia

18 marzo 1978: da due giorni Moro è prigioniero delle Br

18 marzo 1978: da due giorni Moro è prigioniero delle Br

Può darsi che una casa d’aste non faccia altro che il suo mestiere mettendo all’incanto un oggetto d’epoca. Anche il volantino con cui le Brigate Rosse rivendicarono il sequestro di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, il 16 marzo del 1978. Lo fecero trovare i terroristi due giorni dopo in una busta arancione lasciata sopra una macchinetta automatica per fototessere nel centro di Roma. Ottanta righe di delirio rivoluzionario, in cui l’uccisione dei cinque uomini della scorta, due carabinieri e tre poliziotti, padri di famiglia con stipendio proletario, fu liquidata come l’eliminazione di rappresentanti dei "famigerati corpi speciali".

Il primo dei nove comunicati, uno probabilmente falso, che accompagnarono il calvario-prigionia di Moro, freddato dopo 55 giorni nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, accucciato, composto, dignitoso, superiore al suo destino e ai suoi assassini. Con il vestito buono, giacca e cravatta, in quello spazio angusto di una utilitaria parcheggiata in via Caetani, a due passi da Botteghe Oscure, sede del Pci, e non lontano da Piazza del Gesù, la casa della Dc.

Un luogo e un giorno ricordato da una lapide ipocrita, politicamente omertosa, in cui si parla di una generica violenza, senza che mai le Brigate rosse per il Comunismo vengano citate, e da cui un giovane potrebbe dedurre che quel signore ritrovato lì sotto sia stato vittima di una rapina, di un pirata della strada.

È lontano il 1978 per tanta parte degli italiani. Generazioni che non hanno visto, non hanno vissuto, che hanno letto distrattamente. In tanti non coglierebbero la drammaticità della foto allegata al documento, di Moro in maniche di camicia, il capo leggermente reclinato, uno sguardo rassegnato, con la scritta Brigate Rosse e la stella alle sue spalle nella "prigione del popolo"; non capirebbero l’arzigogolo vaneggiante di quel volantino scritto fitto fitto: in cui viene descritta una Italia che non c’era, e teorizzata una rivoluzione che non serviva. Su cui campeggia la stella a cinque punte, da ognuna delle quali gocciolano ancora sangue e dolore. Per questo è certo che la Casa romana Bertolami Fine Art faccia il suo mestiere mettendo all’asta quel reperto. E in questo mondo non stupisce che ci sia qualche macabro collezionista interessato. Per metterlo in cornice? Per appenderlo in salotto con le foto di famiglia? Possibile.

Ma è altrettanto legittimo pensare che si tratti di una operazione quantomeno intempestiva. Perché il tempo passato è ancora poco per trasformare quel foglio in pagina di storia; perché è ancora troppo vivo il ricordo, la rabbia per altri morti, tanti anni dopo, D’Antona, Biagi, voluti dagli eredi tragici di quel linguaggio, di quel pensiero, di quelle stelle. Perché i protagonisti dell’epoca sono vecchi e inutili relitti, e i loro imitatori ancora caldi del sangue delle loro vittime.

Del resto, se la base d’asta (lotto 43 nella web auction di "Autografi & Memorabilia" che si chiuderà il 18 gennaio prossimo) era di 600 euro, metà di uno smartphone, e l’offerta massima pervenuta fino ad ora (12 in totale) è di 1.700 euro, significa che l’oggetto vale poco. Giustamente. Come i suoi autori. Capaci solo di uccidere cinque servitori dello Stato in via Fani, e 55 giorni dopo Aldo Moro, "Uomo buono, mite, saggio, innocente", come lo pianse Paolo VI. E come riapparve in quella utilitaria il 9 maggio del 1978.