Il ritorno di Trump un anno dopo Capitol Hill

L’ex presidente americano sceglie il 6 gennaio, anniversario dell’attacco al Congresso, per la sua prima uscita pubblica dopo la sconfitta

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di Giampaolo Pioli

Di sicuro Donald Trump conosce la scelta dei tempi. Aver fissato per il 6 gennaio 2022 a Palm Beach la sua prima conferenza stampa nazionale, dopo la sconfitta, nell’anniversario dell’Assalto al Congresso da parte dei suoi fan che volevano ribaltare la vittoria di Biden, è una mossa pericolosa ma astuta insieme per recuperare l’ascolto di una nazione intera, nel momento in cui solo il 30% dei repubblicani continua a credere che le elezioni sono state una frode.

Trump, dopo un anno esatto di ’esilio dorato’ a Mar a Lago, pur con la nascita di nuove piattaforme mediatiche dell’ultradestra e personali, televisioni e agenzie di fake news che considerano persino la Fox troppo di sinistra, non ha più un megafono che lo proietti su un palcoscenico da ’Stato parallelo’ per tener pronto il suo popolo a qualsiasi evenienza. Soprattutto se rischiasse di venir incriminato da un grand jury adesso che è un privato cittadino. E Donald non teme tanto la frode fiscale (dove è coinvolta tutta la famiglia) anche se potrebbe comportare pene severe, ma di venir indiziato come artefice di una insubordinazione anticostituzionale ordinata proprio dalla Casa Bianca nei suoi ultimi giorni da presidente. Quella sarebbe la fine della sua carriera politica e di uomo di business. La fine del credito

A poco più di undici mesi dalle elezioni di medio termine che rinnoveranno 13 del Senato e tutta la Camera, con i repubblicani che (grazie alla ridefinizione dei distretti) vengono dati come grandi favoriti nel 2022 alla Camera l’ex presidente Trump si vede impegnato in una dura e sofisticata battaglia per salvare da un lato il suo business la sua libertà e la sua famiglia, dall’altro per mantenere il controllo ferreo del partito al quale ha già fatto sborsare oltre 1,6 milioni di dollari per spese legate alle infondate denunce sulle frodi elettorali nei vari Stati. Il 6 gennaio proprio per tener vivo il fuoco Donald parlerà alla sua gente di quanto è accaduto il 6 gennaio e di chi sono eventuali responsabilità. Naturalmente non le sue.

In verità, nessuno, nemmeno tra i democratici si aspettava che la commissione bipartisan insediata dalla Pelosi che sta investigando su quella giornata nefasta e sui preparativi che l’anno preceduta, arrivasse a interrogare sotto giuramento 340 persone ed entrasse in possesso di oltre 2 milioni di documenti, registrazioni telefoniche , appunti e filmati scottanti che hanno già messo nei guai il consigliere speciale di Trump Steve Bannon e il suo capo di gabinetto Mark Meadows che con i loro rifiuti potrebbero essere prossimi al carcere pr oltraggio al Congresso. Ma c’è chi teme che anche lo stesso Trump possa finire davanti al Grand Jury.

Per agire sull’ex presidente occorre però il ministro della giustizia che può solo raccogliere la raccomandazione del Congresso come "riferimento criminale", ma poi decidere se procedere o far cadere le accuse. Apparendo il 6 gennaio sulla scopa della befana (dimagrito e in forma) Trump spera di spazzare via le due pesanti inchieste. E come è sua abitudine quando in difficoltà attacca con più forza e ha spinto i suoi avvocati a denunciare la procuratrice di New York Letitia James, dem e di colore, accusandola di agire contro di lui senza prove.