Il ritorno alla normalità è già una luce

Gabriele

Canè

Il che non ci farà dimenticare i lutti (troppi), le sofferenze, le serrande chiuse, le paure che hanno segnato una generazione di giovani e più in generale tutta la società. Dai balconi nella primavera del 2020 si gridava: "Ce la faremo". Venerdì potremo dire: "Ce l’abbiamo fatta". Non a sconfiggere la malattia, che già rialza la testa. A controllarla, sedarla, quello sì. Grazie alla scienza, ai vaccini, ai rigori dello stato di emergenza, anche in una alternanza di divieti e riaperture che ci ha spesso disorientato, confuso. E’ ancora presto per dire quali e quante cicatrici ci resteranno addosso. Probabilmente tante, e si sommeranno a quelle che ci lascerà la guerra che speriamo resti alle porte di casa. Ma dal primo aprile il Covid diventerà un aspetto "normale" della nostra vita; continuerà a esserci, anche senza le zone a colori o il generale Figliuolo (lo rimpiangeremo!). Intendiamoci: non era facile gestire una epidemia sconosciuta che mutava ogni giorno, e non è altrettanto facile uscirne. Per questo, dovremo essere ancora molto vigili e prudenti, e non dare in isterie libertarie se per qualche altra settimana dovremo girare con una guida per capire cosa possiamo o non possiamo fare. Perché lo sappiamo, in Italia, in fatto di norme, abbiamo riadattato la legge di Lavoisier: "Tutto si crea e nulla si distrugge". Da noi non si sostituisce, si somma. In attesa della semplificazione. Di sicuro oggi sappiamo che i professori no vax vanno a scuola, prendono lo stipendio, ma non insegnano: reddito di presenza. Che al cinema si starà mascherati, ma potendo mangiare più in libertà che al ristorante. E tante altre cose che dovremo studiare. Sapendo, però, che l’emergenza è finita. Almeno questa.