Venerdì 19 Aprile 2024

Crisi Lega, il ribelle lombardo: "No al partito dei nominati"

Paolo Grimoldi critica la gestione del leader: "Non abbiamo ascoltato il Nord"

Paolo Grimoldi

Paolo Grimoldi

Milano - Paolo Grimoldi, già segretario della Lega Lombarda e deputato non rieletto nelle elezioni di domenica: nel vostro partito le decisioni dei leader si sono sempre rispettate in modo militaresco, perché ora chiedete più democrazia interna?

"Disciplina e lealtà sono e saranno sempre parte del dna della Lega. Ma qui c’è un problema che va oltre la disciplina e la lealtà: oggi, rispetto al passato, non ci sono più all’interno del partito organismi elettivi che consentano alla base di esprimersi, decidere e confrontarsi. Non c’è più un solo segretario cittadino, provinciale o regionale che sia stato eletto. La Lega di oggi è un partito di nominati, di dirigenti calati dall’alto, il che è singolare per una forza politica che si dice autonomista e che tempo fa si batteva per eliminare i Prefetti perché nominati nei territori dallo Stato centrale".

Perché, secondo lei, Matteo Salvini ha trasformato la Lega in un partito di nominati?

"Non lo so. Io ho chiesto il perché di certe scelte, ma non mi è mai stata data risposta".

Lei, come altri leghisti critici, ha colto l’occasione del tracollo elettorale per porre il problema. Salvini è convinto che nella Lega non tutti si siano spesi per queste elezioni. Sembrano due fatti che si parlano.

"No, non ribaltiamo il problema. In campagna elettorale tutti si sono spesi per la causa. Ma se tu hai sul territorio dei nominati, e non degli eletti, sei giocoforza più debole e lento. Un eletto, prima e dopo essere stato eletto, deve girare il territorio, ascoltare e rispondere alla base. Un eletto deve correre. Un nominato, invece, no. Uno calato dall’alto non ne ha bisogno. Per questo oggi c’è uno scollamento tra i quadri del partito e la base, tra la Lega e la sua gente. Per questo siamo stati significativamente superati da Fratelli d’Italia persino in Lombardia e persino nelle province che rappresentano la nostra culla. Abbiamo messo in lista gente arrivata in Lega l’altroieri, senza che si capisse quale fosse il criterio di scelta, e rischiato di non eleggere Umberto Bossi: ci rendiamo conto?".

Salvini, però, nella conferenza stampa post-voto, ha affermato che quasi tutte le scelte importanti compiute negli ultimi anni sono state concordate con i dirigenti del partito.

"Certo, si riferisce al Consiglio federale, a sua volta composto per lo più da nominati".

Per la segreteria federale si fa il nome di Massimiliano Fedriga, ma anche di Luca Zaia, sponsorizzato da Roberto Maroni. Chi è l’uomo giusto?

"Io dico Fedriga, Zaia, Giorgetti, Romeo, Calderoli e anche lo stesso Salvini: Bossi a parte, tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Il punto vero è un altro, è tornare a una Lega che dia ascolto e rappresentanza al territorio, che riattivi al suo interno procedure di scelta democratiche e meritocratiche, che dal punto di vista comunicativo non si sovrapponga a Fratelli d’Italia, che abbandoni la convinzione, sbagliata, che parlando solo di Nord si perdono voti, perché quello che si perde è la nostra identità, non i voti. Tra la Pedemontana lombarda e il Ponte sullo Stretto, la priorità è la prima, perché è più utile a tutti. Spesso le priorità del Nord sono anche quelle del Paese".