Franca Valeri, il regista di Carosello: "Quella tv scuola di vita per milioni di italiani"

Il ricordo di Vito Molinari, uno dei pionieri degli spettacoli del Dopoguerra: la comicità di Franca era pari solo a quella di Walter Chiari

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"Era formidabile, quella televisione. In bianco e nero, ma così piena di colori emotivi, di vita, di genio. Come il genio di Franca Valeri. Un genio comico, un’ironia, una maestria che avvicinerei solo a quella di Walter Chiari. Ma per lui era più facile: era un uomo. Franca Valeri, invece, doveva fare accettare questa vis comica in una donna: ed era un discorso, all’epoca, infinitamente più difficile".

Vito Molinari è un uomo che ha fatto la storia della televisione, fin dal giorno zero: da quel 3 gennaio 1954 in cui andava in onda la prima trasmissione Rai. Beh, quella trasmissione inaugurale l’aveva diretta lui, a 22 anni. Da allora la sua storia si intreccia con quella della tv nazionale. Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello in Un, due, tre, Dario Fo e Franca Rame in Canzonissima, Alighiero Noschese con le sue imitazioni stratosferiche. E cinquecento piccoli film di tre minuti, per quel monumento della cultura popolare italiana che è stato "Carosello". Molinari, oggi novantenne di rara lucidità e di squisito garbo, è stato il più prolifico regista di Caroselli. Di quella televisione, e di Franca Valeri che in essa splendeva, parliamo insieme a lui.

È stata importante, quella tv?

"Beh, ha aiutato l’Italia ad uscire dall’onda lunga del dopoguerra, a desiderare il benessere. Ma soprattutto, quella tv è stata la grande aula di scuola per gli italiani. A metà degli anni Cinquanta, un terzo della popolazione italiana era analfabeta, due terzi parlava dialetto. La tv ha portato l’italiano nelle case".

Era una tv consapevole della sua missione?

"Non credo. Lo dico con un po’ di esagerazione: non ci interessava passare alla storia, ci bastava passare alla cassa".

Non sia modesto.

"In realtà, cercando di fare il nostro lavoro al meglio, forse qualcosa di buono l’abbiamo fatta. I nostri programmi arrivavano ad avere 19 milioni di spettatori: bisognava farli bene, con grande professionalità, con pignoleria. Diciamo che abbiamo fatto di necessità tivù".

Quali caratteristiche la colpivano in Franca Valeri?

"La prima caratteristica era proprio il fatto che fosse donna. La comicità, nel varietà e nella tv, era stata maschile. Pochissime donne erano comiche, e semmai la comicità era affidata a donne non belle, caratterizzate anche fisicamente, un po’ avanti negli anni, come Ave Ninchi. Franca Valeri era non bellissima, ma gradevole, elegante, piena di stile".

Quando avete lavorato insieme?

"Franca fu ospite in alcune mie trasmissioni. Ricordo una serie in tre puntate scritta da Terzoli e Vaime: Vino, whisky e chewing gum, con Paolo Ferrari e Lea Massari. Franca interpretava tre ruoli diversi, tutti divertentissimi. Aveva una caratteristica: quella di essere sempre spiazzante. Capace di instillare momenti di dramma, di realismo dentro un personaggio comico. Non era mai come te la aspettavi. Aveva sempre un modo originale di affrontare un tema comico".

Vi siete rivisti?

"La andai a trovare, a teatro, a Milano, pochi anni fa. Andammo a cena insieme, e lei era sempre molto vivace: parliamo dell’una, le due di notte… Poi la rividi quando andai a cena in riva ad un lago, vicino Roma. La incontrammo, perché Franca aveva casa sulle rive del lago. Prendemmo un caffè insieme. Fu, quella, l’ultima volta in cui ci siamo visti".

 

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