Il reddito grillino non crea lavoro. La riforma? Allargarlo agli stranieri

Flop su tutti i fronti. Il Comitato del ministero propone di abbassare gli anni di residenza in Italia per ottenerlo

Reddito e pensione di cittadinanza

Reddito e pensione di cittadinanza

C’è la linea del centrodestra, da Salvini alla Meloni, che vorrebbe cancellarlo con un colpo di spugna. C’è la linea "Maginot" eretta dall’ex premier, Giuseppe Conte, che lo difende a spada tratta. E c’è, invece, a partire dal segretario del Pd, Enrico Letta, la linea di chi vorrebbe "migliorarlo". Fatto sta che il Reddito di Cittadinanza rischia di diventare l’ennesima mina da disinnescare per Mario Draghi. È vero che il premier, esattamente un mese fa, aveva messo la sordina alle polemiche dichiarando di condividere i "principi alla base del reddito". Ma ora che la tregua estiva è finita, la questione è pronta a esplodere. Anche perché, secondo le ultime indiscrezioni, il Comitato tecnico-scientifico che sta valutando il Reddito, starebbe addirittura pensando di allargare le maglia della potenziale platea dei beneficiari, abbassando da 10 a 5 o 2 anni di residenza in Italia il requisito per l’accesso alla misura da parte degli extracomunitari regolari (ancora non si è deciso con precisione).

Fino a ora con lo "sbarramento" a dieci anni una gran parte della popolazione straniera era di fatto escluso, se le regole cambiassero è evidente che il numero di stranieri che ne potrebbero fare richiesta si impennerebbe. Per ora quella del comitato tecnico-scientifico è solo un’ipotesi di lavoro, insieme a quella di rendere più semplice i percorsi formativi. Ma la strada tracciata dal Comitato istituito dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, aprirà nuovi focolai di polemiche.

Dalla parte di chi vorrebbe cancellare la misura ci sono soprattutto i numeri. I posti di lavoro creati con il reddito sono sicuramente al di sotto di ogni più pessimistica aspettativa. Appena un "occupabile" su dieci (dati della Corte di Conti) ha trovato un impiego. Ma la percentuale è ancora più bassa se si considera l’intera platea dei beneficiari, circa 3 milioni. In tutto, i contratti siglati sono stati circa 150mila, più o meno il 5%. Certo, bisogna tener conto che circa un beneficiario su due ha scarse o nulle possibilità di trovare un impiego. Infatti, dalla platea dei potenziali "occupabili" bisogna stralciare i 128mila nuclei con le pensioni di cittadinanza (in tutto 200mila posizioni), e i 450mila disabili, persone con difficoltà fisiche e psichiche non percettori di pensioni di invalidità. Ma anche così i conti non tornano. Senza considerare i casi, quasi quotidiani, di falsi poveri percettori del reddito. L’ultimo, ieri a ad Alessandria, con 30 persone denunciate. Ma Conte non molla: "L’iniziativa del centrodestra, spalleggiata da Italia Viva, non potrà avere successo, perché il reddito di cittadinanza è un fatto di necessità oltre che di civiltà", insiste in un’intervista.

Ma, per la verità, della necessità di modificare il Reddito di Cittadinanza parla anche il segretario Pd, Enrico Letta, sebbene con toni molto meno ultimativi di Renzi e Salvini: "Credo che Draghi abbia aperto una discussione che consente di portare miglioramenti e di prendere il buono che c’è stato". Insomma, migliorare, ma non cancellare. Una linea che non convince Stefano Mugnai, vicecapogruppo vicario di Coraggio Italia alla Camera: "Se solo una percentuale piccolissima di cittadini trova lavoro attraverso il reddito di cittadinanza, vuol dire che la misura non funziona. Meglio abolirlo".