Giovedì 25 Aprile 2024

Il re è morto, ma non si può dire "La notte è scesa su Abomey"

Il piccolo regno ancestrale del Benin in lutto per il suo sovrano, deceduto da qualche settimana a 92 anni. La "cattiva notizia" data con giri di parole poetici: è un segno di rispetto per la sacralità della persona

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di Riccardo Jannello

ABOMEY (Benin)

Il re è morto ma, per carità, non ditelo e se proprio dovete comunicare al mondo – ignaro per lo più della sua esistenza – il passaggio all’aldilà del sovrano fatelo usando metafore meno violente e più poetiche, per rispetto della sacralità della persona. Ad esempio: la notte è scesa su Abomey. Anche perché in pratica il sovrano che se ne è andato qualche settimana fa a 92 anni non aveva alcun popolo su cui regnare – e nessun potere da esercitare se non quello folcloristico – perché da più di cento anni la sua gente fa parte di una delle repubbliche più povere e anche più instabili dell’Africa occidentale, il Benin, il Paese degli zombie e maggiore esportatore di schiavi verso le Americhe.

Dadah Kefa Sagbadjou Glele era stato “intronizzato” a gennaio del 2019, quando è succeduto all’ex re Dadah Dedjalagni Agoli-Agbo, morto nel luglio 2018 dopo un regno durato quasi 30 anni. Era nipote del mitico Re Glele che aveva lottato perché i tesori del vecchio regno di Dahomey, antico nome del Benin, fossero restituiti al Paese dopo che erano stati depredati dai coloni francesi. Un mese fa Kefa aveva fatto la sua ultima apparizione pubblica recandosi dalla sua città, appunto Abomey, a Cotonou, che non è la capitale dell’odierno Benin ma ne è la città più popolosa (due milioni e mezzo di abitanti) e sede del palazzo presidenziale (la capitale è Porto- Novo a breve distanza, sempre sul Golfo di Guinea) oltre che di tutte le attività economiche. L’evento al quale aveva partecipato era molto importante per il suo “regno”: la restituzione dopo 130 anni di 26 tesori di Abomey saccheggiati dalle truppe coloniali francesi, finalmente riconsegnati da Parigi. "Non posso spiegare la gioia che mi pervade – aveva detto parlando con voce stanca e già malata –. Sin dalla loro partenza questi oggetti erano destinati a tornare qui. Prima o poi dovevano tornarci per il compiersi delle parole dette dai nostri antenati".

Da notare che l’antica città di Abomey, circondata dalle sue mura di fango e con i palazzi reali adornati da bassorilievi di grande pregio, è dal 1985 Patrimonio dell’Umanità per cui l’Unesco la protegge non solo dalle intemperie, ma soprattutto dall’assalto delle termiti. La notizia della morte del re è stata data da un alto responsabile del regno, nel dipartimento di Zou, Dako Kpogbemambou Vovoweyenonsin, che in diretta dal palazzo ha riferito "la cattiva notizia" e si è detto "totalmente costernato" appunto perché "la notte è scesa su Abomey". Quando ci saranno le esequie e quando verrà scelto il successore non è chiaro, anche perché non si devono fare le corse per un potere che in pratica non esiste, ma che in fondo la gente sente ancora presente. Abomey ha circa 90mila abitanti e dista 130 chilometri da Cotonou. Quando morì Agoli-Agbo arrivarono in città altre trentamila persone, ma per avere la successione passarono molti mesi. Il tempo sembra si sia fermato ad Abomey, che per quattro secoli è stata capitale del Regno di Dahomey, che i francesi conquistarono nel 1904 facendone una colonia e cambiando il nome in Benin, indipendente dal 1960. Il presidente Patrice Talon non ha dichiarato nulla sul decesso dell’ex prete divenuto re di un regno per lui inesistente.