Il re della ‘ciccia’ e la carne sintetica: "Per favore non chiamatela bistecca"

Dario Cecchini, macellaio-filosofo: "Esce da un laboratorio. Quella vera viene dai nostri allevamenti. Sono un carnivoro convinto e responsabile, ma non voglio insegnare nulla agli altri".

Dario Cecchini

Dario Cecchini

Firenze, 30 marzo 2023 – Rimarrà deluso chi si aspetta che il re della carne, che tutti in Toscana chiamano ciccia, da queste parti imprescindibile elemento di ogni menù, abbia intenzione, sull’ultimo argomento di tendenza, di tirare su le barricate. La sua è fondamentalmente una battaglia culturale, "dunque combattuta senza ostilità e – dice Dario Cecchini – nel rispetto di tutti". Intende dire: del gusto di tutti. Anche di chi oggi loda i vantaggi della carne sintetica, ottenuta prelevando cellule staminali da un muscolo vivente per coltivarle in un bioreattore. Argomento attuale nelle ore in cui il governo italiano fa sapere di volere vietare il cibo in vitro. Eppure Stati Uniti e Singapore, tanto per citare due casi recenti, hanno detto sì: segno che sarà difficile, in prospettiva, fermare l’onda.

E lei Dario Cecchini, ottava generazione di una famiglia di macellai chiantigiani impiantati nel piccolo borgo di Panzano, che ha fatto dei suoi ristoranti un luogo di culto per i carnivori di tutto il mondo, vuole arrendersi così?

"Arrendermi? Giammai. Ma sono toscano fin nel midollo, quindi per me il libero pensiero è troppo importante per andare a insegnare agli altri come devono vivere e che devono mangiare. Certo, se poi chiedete a me un giudizio sulla carne coltivata...".

Certo! È proprio il suo giudizio che ci interessa. Le ricordo che nel 2021 disse: ‘Mangiare carne sintetica? È come fare l’amore con una bambola di gomma’.

"Confermo tutto. E il mio giudizio non può che essere negativo, perché non è possibile chiamare carne quella roba che esce da un laboratorio. La carne ha a che fare con la vita e con le nostre tradizioni. Quindi, molto semplicemente, si ottiene da animali macellati. Tutto il resto non c’entra niente con la carne e non dovrebbe essere permesso a nessuno di chiamarla così".

Il problema sta proprio negli animali macellati, nella sofferenza che si eviterebbe non dovendone più uccidere per nutrirci. Che ne dice?

"La mia filosofia è diversa. Penso che sia importante allevare con amore gli animali e renderli felici. Poi fare in modo che la morte sia per loro la meno dolorosa possibile. Anche mangiare carne prevede un’etica profonda, ci avete mai pensato?".

Sinceramente no.

"Allora ve lo spiego. L’etica di cui parlo consiste, ad esempio, nel capire che, di fronte a un animale ucciso, siamo chiamati a utilizzare tutta la carne possibile, per evitare che quella morte sia una morte inutile. Non solo bistecche nei nostri piatti. Invece nella mia Toscana pare quasi che la Fiorentina sia l’unica carne degna di essere messa in tavola. C’è molto altro, fidatevi".

Carne da riscoprire. Ci aiuti.

"Per dire: adoro le frattaglie. E penso che una francesina, ossia la ricetta che recupera il bollito avanzato, abbia il solito valore gastronomico, per me notevole, di un buon filetto. L’ho imparato da mia nonna Elina, erede di una famiglia di macellai che iniziarono l’attività 200 anni fa: lei amava cucinare tutto quello che i clienti non avevano voluto".

Viva la francesina, allora. Però Bill Gates e Jeff Bezos, mica due qualunque, dicono che il futuro è nella carne artificiale e nella sua sostenibilità economica.

"E io le rispondo che invece un umile artigiano della carne, quale io sono, non deve fare il profeta, il filosofo o l’opinionista".

Troppo modesto: lei il titolo di filosofo della carne se l’è guadagnato sul campo.

"Sono soltanto un carnivoro convinto e responsabile. E se di una cosa sono sicuro, è che lo resterò per tutta la vita".