Giovedì 18 Aprile 2024

Il re del casual Renzo Rosso: io, la politica e la nuova Italia "Draghi resti a lungo"

L’imprenditore veneto guida le eccellenze italiane: "Moratti al Quirinale. Siamo i migliori, facciamo di tutto per promuoverci. No agli industriali pecoroni. Aiutiamo i giovani ma non con la tassa di Letta. Devo tanto ai miei sette figli e nel futuro del gruppo vedo la mia famiglia"

Renzo Rosso, 65 anni, nel garage-magazzino a Molvena dove fondò Diesel nel 1978

Renzo Rosso, 65 anni, nel garage-magazzino a Molvena dove fondò Diesel nel 1978

Renzo Rosso è nel suo ufficio di Breganze. Dietro di lui ci sono i lupi, nel senso di due immagini. Una, in particolare, è del fotografo danese Pierre Winther e raffigura un lupo che gli assomiglia, con i capelli ricci e gli occhiali da sole. La furbizia. "Io furbetto sono sempre stato fin da piccolo, ma nel senso buono".

Oggi si direbbe smart.

"Sì, usavo anche la simpatia. I miei fratelli me lo hanno a lungo rimproverato. “A te tutto è concesso“, dicevano. La verità è che io facevo l’impossibile per meritarmi quello che ottenevo".

Il re del casual ci svela qualcosa in più di sé, tra successi e fallimenti, carattere forte ma anche, in un caso, senso di inadeguatezza. Un’ora di chiacchierata in video con le foto in mano. Da visionario quale è, ama anche quelle vecchie. Nel bianco e nero del 1978 si rivede in un garage-magazzino con lo sguardo spiritato, la chioma fluente e gli immancabili jeans. L’avventura Diesel stava decollando e il signor Rosso sarebbe diventato uno dei numeri uno della moda mondiale con la holding OTB (6.500 dipendenti, giro d’affari 2020 di 1.317 milioni di euro).

Che effetto le fanno oggi quelle foto?

"Mi mancano i miei riccioli, avevo capelli lunghi, pazzeschi, mi piaceva il mio look aggressivo. Poi mi viene da dire: che bei tempi quando con poco si faceva tutto! Oggi però c’è un altro aspetto, il know-how incredibile. Se mi siedo a qualunque tavolo posso affrontare argomenti di ogni tipo".

Com’erano i suoi genitori?

"Li ringrazierò sempre per l’educazione rigida: dovevo dare una mano nella fattoria e fare i compiti bene, anche se non avevo mica tanta voglia".

Davvero è partito da zero?

"Totalmente. A 15 anni la sera stavo a casa a cucire con la Singer di mia mamma, Fortunata, i primi jeans che erano piaciuti agli amici. Guadagnavo 3.500 lire più il tessuto e così, se andavamo a ballare, io potevo permettermi una bottiglia di Martini, gli altri solo un bicchiere".

Quando lanciò il casual però tutti la presero per matto.

"Ero sicuro che quello che facevo era figo e ‘avanti’. Pazzo? Ho avuto il coraggio di tentare ciò che i consumatori volevano".

A volte pensò di smettere?

"Sì. La prima volta fu quando mi misi in proprio con un socio. Avevamo 11 brand, lavoravo tantissimo, portavo soldi ma ero stanco di vedere che altri progetti erano un flop. Allora mi venne la tentazione di concentrarmi su Diesel, ottenere tutto il possibile in un anno, fare una bella bancarotta fraudolenta, mandare tutti a quel paese e via alle Bahamas".

Alcune persone importanti lamentano di non avere il tempo di godersi la vita, lei?

"Cerco di dedicare tempo a tutto. Per me lavoro, famiglia, sport, feste, gioia, frustrazioni vanno insieme. Mi diverto in quel che faccio e concedo qualcosa anche a me stesso: ho tre trainer personali, l’estetista che viene a casa ogni settimana".

Si è mai pentito di non aver finito Economia e commercio?

"Sì. Fui il primo a ingaggiare grandi manager non dall’industria dell’abbigliamento. E negli anni ‘90 soffrivo perché loro in due-due-quattro proiettavano al muro le loro dispense e sintetizzavano. Una capacità che gli veniva dalla scuola, che io non avevo. Ho cercato di recuperare affiancandoli e ora posso dire di sentirmi anche un manager, non solo un imprenditore".

Lei che ha sempre puntato tutto sui giovani è dalla parte di chi sostiene che i ragazzi dopo la pandemia si debbano dare una mossa, o sta con chi dice che hanno patito più degli altri e vanno aiutati?

"Sono vere entrambe le tesi. Durante la pandemia le persone più forti hanno avuto modo di moltiplicare le idee. Credo che questo sia un bel momento, perché ci sta insegnando modi di lavorare diversi e le aziende stanno facendo sistema. Molti però fanno fatica a riaffrontare la vita sociale. Ci sono amici dei miei figli che non volevano più frequentare le attività. I più fragili vanno aiutati, noi lo facciamo con la nostra Fondazione OTB".

Lo dice da padre di 7 figli?

"Devo molto a tutti loro. Sono i miei figli ad avermi portato freschezza, modernità, diversità. Sydne, la mia bimba di 5 anni, per esempio, mi ha fatto conoscere Roblox, un sistema di comunicazione per piccoli pazzesco, che io ho portato perfino all’attenzione del board".

Andrea, Stefano e Alessia Rosso sono già nell’impero OTB...

"Andrea è diventato maniaco della sostenibilità e, tra le altre cose, l’ho messo a capo di questo ambito. Stefano ha ‘battuto’ ogni ramo dell’azienda, è stato in America, ha ristrutturato una società che andava male da tempo e ora mi sta dando una mano nel mondo delle collezioni digitali. Alessia si occupa di marketing a New York. Gli altri miei figli vanno ancora a scuola".

Li vede nel futuro di OTB?

"L’azienda si sta strutturando a livello manageriale e, a un certo punto, avrà la trasparenza della quotazione che darà alla famiglia la possibilità di mantenere il controllo".

Cosa pensa dell’idea di Letta di una dote per i giovani attraverso una tassa di successione per i più ricchi?

"Credo che Letta, che stimo molto, abbia il problema di ottenere credibilità e visibilità, ma gli è andata male perché in questo momento bisogna dare la priorità a cose più importanti. Ora abbiamo bisogno soprattutto di scegliere bene dove spendere i 200 miliardi del PNRR".

Negli anni l’abbiamo vista amico di Berlusconi, appoggiare il governo Monti, sostenere Renzi, elogiare Mattarella. C’è qualcuno che l’ha delusa?

"I 5 Stelle, che ho anche votato. Ho visto la loro incapacità nel gestire ed errori enormi come il reddito di cittadinanza. Il presidente del Consiglio di prima (Conte, ndr.) lo immaginereste al G7? Il suo governo mi faceva vergognare di essere italiano. Oggi invece ne abbiamo uno (Draghi, ndr.) che si sa fare ascoltare e ci dà dignità. Spero che resti più a lungo possibile ma da primo ministro, perché è in quel ruolo che può cambiare il sistema".

Al Colle chi vedrebbe?

"Una donna. Stimo Letizia Moratti o Cristina Bombassei".

E lei in politica no?

"Mi è stato chiesto tante volte. Ora ho un ruolo in Confindustria nel rappresentare le nostre eccellenze. Ma se dovessi diventare troppo politico potrei abbandonare. Dobbiamo invece, tutti, trarre vantaggio dallo sponsorizzare il paese della Dolce Vita, sperando che il governo metta un po’ di disciplina, perché non dobbiamo fare gli industriali pecoroni. Siamo i migliori".

Anni fa diede il via libera alla pubblicità del suo intimo sui siti hard e fecero discutere le cheerleader in pantaloncini a bordo campo mentre giocava il suo Vicenza. Roba che ai tempi del #Metoo…

"È assurdo che tutto venga contestato. Stiamo esagerando con l’ostruzionismo del politicamente corretto. Invece sulle donne no, sono troppo oggetto di consumismo e violenza e vanno protette".

Rosso, fu tra i primi a lanciare le sfilate miste uomo-donna, ora la moda è il gender fluid?

"Nel 1995 la nostra pubblicità del bacio tra due marinai aprì uno squarcio ma a me, che viaggiavo nel mondo, sembrava una cosa naturale. Oggi tante aziende assumono l’esperto in ‘diversity’ ma non deve essere una cosa imposta, deve essere naturale come la vivono i giovani in tutto il mondo".

Si definisce un entusiasta della vita, chi sono le persone più entusiasmanti che ha incontrato?

"Tante: Mandela, Berlusconi, Bono. Il Dalai Lama mi ha insegnato come fare il sociale. Tengo moltissimo alla Fondazione OTB con cui abbiamo creato un centro vaccinazioni efficiente, sosteniamo donne e giovani in difficoltà. A 65 anni mi sento più che mai creativo, sono un imprenditore ma cerco sempre di stare bene nella mia comunità e credo che un’idea di futuro debba esserci. Sempre".