Il Qatargate pare Mani pulite Garantismo ko

di Pierfrancesco

De Robertis

All’inizio ci siamo indignati, poi ci siamo assuefatti. Così a nessuno viene in mente di chiedersi il motivo per cui siano ancora in carcere, ripetiamo carcere, i personaggi coinvolti in quello che è conosciuto come lo scandalo Qatargate. Antonio Panzeri è dietro le sbarre dal 9 dicembre scorso, e come lui anche l’italiano Francesco Giorgi ed Eva Kaili. Due giorni fa sono stati arrestati su mandato della procura brussellese gli eurodeputati Andrea Cozzolino e Marc Tarabella. Eva Kaili, che fu fermata nonostante godesse dell’immunità parlamentare, ha con Francesco Giorgi una figlia di quattro anni, che in questi due mesi ha potuto incontrare per poche ore solo in carcere.

Il quadro è questo, e non importa se le prove siano o meno schiaccianti. Ciò che conta è che stiamo parlando di carcerazione preventiva. In Italia da Mani pulite in poi conosciamo l’uso che di tale strumento hanno fatto i magistrati per ottenere confessioni, e pensavamo che l’ondata popolare che ne ha stigmatizzato gli eccessi avesse in qualche modo esorcizzato il pericolo. Purtroppo ci eravamo sbagliati. Di fronte all’offensiva del pm belga Michel Claise secondo cui (testuale in una recente intervista) "i patteggiamenti sono utili a condizione che sia la Procura a negoziare, puntando la pistola alle tempie delle persone indagate" nessuno ha alzato la voce. Un po’ per la paura che difendere lo stato di diritto possa essere scambiato per difendere i ladri, un po’ per una sorta di reciproca a complementare convenienza: a sinistra c’è sempre la remora ad andare contro i pm, alla destra fa comodo che la sinistra, cui appartengono i personaggi coinvolti, resti sotto scacco. Il risultato è che per accuse ancora la dimostrare una bimba non vede sua madre da due mesi e le garanzie basilari di uno stato civile sono andate in fumo.