Giovedì 18 Aprile 2024

Il prof e la storia con la studentessa Bandito (per sempre) da ogni scuola

I giudici: non fu reato, ma si comportò come un ragazzino. La difesa in aula: la madre della giovane sapeva

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di Simona Ballatore

e Nicola Palma

Non potrà più entrare in una scuola. Almeno per insegnarci. La relazione sentimentale con una sua allieva, diciassettenne all’inizio della storia, è costata la destituzione a un professore di un istituto superiore milanese, la sanzione più grave che possa essere comminata a un dipendente pubblico. Il rapporto tra i due è andato avanti per cinque mesi, tra l’ottobre 2016 e il marzo 2017, nonostante a un certo punto la madre della studentessa abbia espressamente chiesto al docente di smetterla. Dopo una lunga battaglia legale, nei giorni scorsi la Cassazione ha respinto l’ultimo ricorso presentato dall’insegnante, rendendo definitivo il provvedimento del ministero dell’Istruzione.

A nulla sono valse le giustificazioni del diretto interessato, che ha spiegato che tutto è scaturito da un iniziale interessamento da parte della minorenne e che i sentimenti erano corrisposti. Per i giudici, la relazione ha fatto venir meno l’insegnante "in modo radicale ai doveri e alle responsabilità insiti in tale ruolo e disvelato la totale incapacità di discernere la sfera professionale da quella personale e la sfera etica da quella sentimentale, giungendo a uniformarsi nei comportamenti a un coetaneo dei propri allievi". Da qui la massima punizione prevista dall’articolo 498 del contratto nazionale, che impedirà da qui in avanti all’ormai ex prof di continuare a insegnare e di accedere a qualsiasi altro impiego che abbia a che fare con la pubblica amministrazione. "Esiste ed è oggettiva un’asimmetria nel rapporto docenti-studenti, una gerarchia che non permette di essere in una posizione pienamente libera – il primo commento di Mauro Zeni, presidente dell’Associazione nazionale presidi di Milano –. Non entro nel caso specifico, che non conosco, ma credo sia inopportuno in caso di maggiore età e a maggior ragione con i minorenni. Il semplice invocare il consenso confligge con la constatazione che la ragazza, in quanto minorenne, non abbia ancora gli elementi per una scelta consapevole. Credo che la scuola debba porsi sempre in una posizione di tutela della parte più debole, in questo caso degli studenti". "Ci sono delle regole molto ferree nel mondo della scuola – ragiona Jessica Merli, delegata del sindacato Flc Cgil –. Non sono e non devono essere ammesse eccezioni o deroghe. Chi fa l’insegnante è consapevole del fatto che gli alunni siano sotto la propria tutela e incolumità: vale per la sicurezza, i diritti, la salute e anche per la dimensione affettiva. Anche quando sono maggiorenni". E la destituzione? "Lo deve dire la magistratura – aggiunge –. A fronte di determinati comportamenti è prevista l’interdizione non solo se il fatto è successo a scuola, ma anche al di fuori e se sei solo in graduatoria e non hai mai insegnato. Perché è un ruolo delicato: ti sono affidati i ragazzi". Peraltro, "con la pandemia è aumentato anche il pericolo di mischiare vita professionale e privata, con numeri personali nelle chat, che sfuggono al controllo. Tutto lasciato alle regolamentazioni autonome della scuola, all’etica di ogni docente".