Il premier non arretra: a scuola da giovedì Ma sindacati e presidi continuano a frenare

Le superiori rientreranno nelle aule con la metà degli studenti. Dubbi anche nel centrodestra, i governatori: è rischioso. L’associazione nazionale dei capi di istituto: "Basta con le polemiche politiche, scaglionamenti ridotti al minimo necessario"

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di Antonio Troise

L’ultimo duello è sulla scuola. Da una parte il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che difende la linea dura della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che preme per la ripartenza da giovedì prossimo, subito dopo l’Epifania. Dall’altra parte, un nutrito gruppo di governatori, soprattutto di targa leghista, che fino all’ultimo hanno sostenuto la necessità di un rinvio di almeno due settimane. Spalleggiati dai sindacati di categoria, che proprio non ne vogliono sapere di far rientrare in presenza studenti, insegnanti e personale non docente. Tanto che, per l’intera giornata, si sono rincorse le voci e le date più disparate per la ripresa delle lezioni. Fino all’ultimo vertice con le regioni, convocato dal presidente del Consiglio per cercare di arrivare a un’intesa. Il ragionamento di Palazzo Chigi è stato più o meno questo: nelle ultime settimane è stato fatto, a livello locale, un gran lavoro per affrontare i temi sul tappeto. Riunioni fra governatori e prefetti per regolamentare i trasporti, confronti con i sindacati per capire in che maniera organizzare entrate differenziate e doppi turni. Tutta fatica sprecata se si decidesse di rinviare la partenza all’11 o, addirittura, al 18 gennaio.

L’obiettivo del governo, insomma, resta quello di garantire almeno il 50% di studenti in presenza dal 7 al 15 gennaio. Per poi verificare la possibilità di incrementare la quota fino al 75%. Ma le preoccupazioni non mancano e le tensioni fra l’esecutivo e i governatori ieri erano palpabili. Anche perché il tema della ripartenza della scuola si è intrecciato, in filigrana, con le fibrillazioni sul destino del governo. In mattinata si erano fatti sentire i governatori della Lega, dopo un incontro con il leader del partito, Matteo Salvini. "Abbiamo fatto tutto quello che è necessario in tema di sicurezza per i trasporti in accordo con i Prefetti. Ma restano molte criticità sull’andamento della pandemia. Servono scelte tempestive affinché si possa dare certezza ai milioni di persone coinvolte".

Ma anche all’interno della maggioranza non mancano i dubbi. Soprattutto sul fronte Pd. "Comprendo la sincera volontà da parte di moltissimi studenti delle medie e delle superiori di tornare a scuola, ma ritengo oggi opportuno valutare attentamente quando riprendere le lezioni in presenza – spiega la deputata Dem, Lucia Ciampi – Meglio riprendere nella seconda metà di gennaio che dover richiudere subito". Ancora più esplicito Stefano Pedica: "Il 7 gennaio la scuola non può riaprire, visto il numero dei contagi, ma Azzolina è l’unica che non lo capisce".

Sul piede di guerra i sindacati. Per lo Snals tornare a scuola il 7 è troppo rischioso. Sarcastica Maddalena Gissi (Cisl scuola), che punta l’indice sulla disorganizzazione: "La soluzione sarà estratta il giorno della Befana come accadeva per la lotteria Italia". La Uil chiede di dare la priorità per le vaccinazioni al personale scolastico. Critica anche l’associazione dei presidi sull’ipotesi degli scaglionamenti. Nel frattempo i governatori si muovono in ordine sparso. De Luca, in Campania, ha già annunciato riaperture a tappe fino al 25 gennaio. Oggi, in Toscana, si farà il punto sulla situazione. Nel Lazio si profilano due turni, uno dalle 8 alle14 e l’altro dalle 10 alle 16. Di tutt’altro avviso i Comitati che chiedono la riapertura delle scuole e che sono pronti a scendere in piazza. "Il 7 gennaio saremo ai cancelli delle scuole a chiedere screening per il rientro. Andavano fatti prima se si voleva evitare che il tema venisse strumentalizzato", spiega la portavoce Costanza Margiotta.