Mercoledì 24 Aprile 2024

Il potere sogna popoli senza volto. Così la pandemia ci ha reso anonimi

Il pensiero dominante impone facce neutre. L’obiettivo è eliminare i tratti che ci rendono unici

Covid, una ragazza con la mascherina

Covid, una ragazza con la mascherina

Al festival della fantasia a Ferrara, svolto guardandosi in faccia, il linguista Andrea Moro raccontava che la radice della parola fantasia è la medesima di fenomeno e di fantasma. Quella ‘f’ all’inizio indica radici antiche di parole che significano apparire, mostrarsi. La parola ‘faccia’ (dal latino facies, che indica ‘forma‘, ‘aspetto’) viene da quelle parti. E il sinonimo ‘volto’ pare venga dalla radice che indica lo splendere o, per altri, il desiderare, oggetto desiderato. Ci obbligano ancora a mascherarci, assurdo all’aperto, ma ok si vedono più facce in giro. La privazione del volto è sempre stato il più assoluto dei poteri. Sfigurare il viso, cancellarlo, è sempre stato il segno del disprezzo contro qualcuno. Un impero succedendo a un altro sfigurava, decapitava le statue del potere precedente. È così ancora.

Quando cadde il governo di Peron in Argentina gli insorti arrivarono fino a Pietrasanta a mozzare il capo alle statue che il grande Leone Tommasi aveva preparato per Evita. I talebani hanno sfigurato. La cancel-culture idem. Non avviene solo in ambito pubblico: la cancellazione è a volte segno di abuso di potere del maschio idiota sulla donna: sfregi, acidi, punizioni. E viceversa. Un conto è coprirsi liberamente il viso come segno di modestia, un altro essere obbligati a farlo. Oriana Fallaci si tolse il velo davanti all’Ayatollah. E provò a toglierlo dagli occhi dei suoi colleghi. Il viso è il primo apparire del fenomeno umano. Della sua bellezza e dignità, della sua unicità. E anche della sua appartenenza a una etnia, a un popolo.

Meraviglioso segno: non siamo sfere, palle che si incontrano e rimbalzano. Siamo delle metà, creati per ammirarci, incastrarci. E riconoscerci nella diversità di appartenenze e storie. Per contemplarci a lungo come ha mostrato Marina Abrahmovic nella sua performance a New York, quasi preveggente rispetto al tempo del dio Salute e delle mascherine. Siamo fatti, diceva J.Brel dei suoi amanti, per tenerci ‘per gli occhi’. Dante non sa nemmeno bene come, ma sale in paradiso fissando il viso di Beatrice. "Non nascondermi il tuo volto", grida ogni sperduto amante. Il ritratto e l’autoritratto sono uno dei rami più ricchi della storia dell’arte. E lei, Veronica, la donna piangente sulla Via Crucis tese il panno per il più strano ritratto della Storia. Vanno in tanti a cercarlo in un minimo paese d’Abruzzo, Manoppello. Un papa poeta folgorò quel momento che vale per tutti i momenti in cui possiamo fissare un volto caro : "Nacque il tuo volto da ciò che fissavi". Guardando il volto dell’altro, dell’Altro direbbe Levinas, nasce il nostro volto. Perciò in una società senza volti non perdi solo gli altri, ma perdi te stesso.

Ogni tipo di potere non vuole che abbiamo un volto, ma semmai un numero, un codice a barre, un profilo di consumi. Il volto è speciale, irregolare. Non ha nessun altro viso identico. Ci possiamo specchiare, non riconoscere. E infatti ci offrono mille specchi, occasioni di narcisismo, non di riconoscimento. Il nostro volto può solo riconoscersi nello sguardo di un altro. Il potere non vuole. Le mascherine sono una delle tante maschere. Ci vuole irriconoscibili. Se non per deturpaziione, per ‘anonimazione’. E così farci essere sperduti, manipolabili. Con volti virtuali, distanti, volti-maschera, volti-fantasma.

Buona parte della cultura asservita al mainstream coltiva il volto neutro, irriconoscibile, senza caratteri distinguibili, di razza, di sesso, di area geografica. Volto-globale, volto-nessuno. Ma ora, guardate bene: eccoli, i volti. Reali. Unico luogo dove cercare speranza.