Martedì 16 Aprile 2024

"Il popolo russo sa ed è responsabile I massacri? Un marchio indelebile"

L’analista Anna Zafesova: i giovani si informano sul web, sui media tradizionali solo propaganda "Decenni di stalinizzazione hanno creato un’abitudine al tacere, all’adattarsi e al conformarsi"

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di Luca Bolognini

"I russi, almeno i giovani e i più abituati a usare il web, sanno. Ma anche chi è all’oscuro è responsabile dei massacri che stanno avvenendo in Ucraina". Per Anna Zafesova, editorialista de La Stampa e analista esperta della Federazione, i crimini commessi a Bucha, Mariupol e altre città diventeranno un marchio indelebile con cui fare i conti, come è successo in Germania dopo la Seconda guerra mondiale.

In Russia quanti sanno cosa sta succedendo?

"Chi consulta solo i media ufficiali non sa nulla, visto che vige una censura militare e i media indipendenti sono stati chiusi. Restano Internet e i social: gli oscuramenti si possono facilmente aggirare. E per chi conosce le lingue, molti siti, come quello del New York Times restano accessibili. Telegram di fatto è diventata la principale fonte di informazione indipendente".

Ma quanti vanno alla ricerca di queste informazioni?

"Questa è la vera domanda. C’è un divario generazionale, come in molti altri Paesi, tra chi si informa su Internet e chi guarda solo la televisione. Questo gap ha creato scontri molto duri anche all’interno delle famiglie: gli anziani, che provengono dalla tradizione sovietica, hanno paura di contraddire la versione ufficiale della propaganda. Più l’età scende, più la situazione cambia. Anche se molti sicuramente faticano ad accettare la realtà: rendersi conto che il proprio Paese si è macchiato di crimini orrendi non è facile da accettare".

Ma la maggioranza dei russi crede davvero che a commettere gli orrori di Mariupol e Bucha siano stati gli ucraini?

"In un Paese dove la polizia ti arresta per un’idea e i sondaggi non sono attendibili è impossibile quantificare una maggioranza. C’è una parte di opinione pubblica che preferisce non vedere; una che sa e che inorridisce e anche una che pensa che sia giusto così".

All’inizio dell’invasione, si vedevano manifestazioni e cortei contro la guerra. Ora non se ne vedono quasi più. Cosa è successo?

"Dal 24 febbraio ci sono stati 18mila arresti, quindi il bacino del dissenso si è molto ristretto. Nell’ultima manifestazione di domenica ci sono stati 220 fermi. Gli attivisti, inoltre, vengono arrestati ancora prima di scendere in piazza, visto che sono costantemente spiati".

Secondo diversi analisti, le sanzioni occidentali avrebbero compattato l’opinione pubblica russa. È davvero così?

"La Russia vive sotto sanzioni dal 2014, per cui questo effetto è già svanito. Il peggioramento della situazione economica ha provocato uno choc, ma è difficile capire quanto i cittadini siano consapevoli del peso delle sanzioni, del boicottaggio delle singole multinazionali e delle contromisure russe. Le code per andare da Ikea o Mc Donald’s prima che chiudessero, però, erano reali. Il ceto medio, abituato a consumare all’occidentale, si è reso conto di quello che stava succedendo. I più poveri se ne accorgeranno presto, visto che diversi medicinali per i malati cronici stanno già iniziando a scarseggiare".

Lei recentemente ha parlato di un vero e proprio ‘modello Russia’, in cui la violenza è uno strumento di governo. Come si è arrivati a questo punto?

"Nella storia russa sono mancati dei pezzi rispetto a quella europea o ce ne sono stati altri, come le invasioni mongole e tartare, che hanno imposto modelli diversi. La nascita tardiva della borghesia urbana, così come l’abolizione della servitù della gleba arrivata solo nel 1871, hanno contribuito. La stalinizzazione per decenni ha imposto un sistema in cui qualsiasi insubordinazione veniva repressa con la morte o l’esilio. C’è stata una lunga e lenta selezione naturale dei russi che non erano d’accordo. Questo ha creato un’abitudine al tacere, all’adattarsi e al conformarsi".

Il popolo russo è responsabile di quello che sta accadendo in Ucraina?

"Non c’è dubbio. I dittatori non vengono calato da Marte. Putin è stato eletto e non era nessuno. È diventato popolare con la seconda guerra cecena. Nel 2008, ha toccato l’apice del consenso con l’invasione della Georgia e nel 2014 è successo lo stesso con la Crimea e il Donbass. I russi lo hanno premiato per quello che ha fatto. Putin controlla i media perché glielo hanno lasciato fare".

Il popolo russo è destinato a seguire la parabola di quello tedesco alla fine della Seconda guerra mondiale?

"Sì, per uscire dagli orrori commessi ci vorrà una seria presa di coscienza e pentimento. Occorrerà rivedere tutta una serie di idee e ideologie che hanno portato a questa situazione".