di Luca Bolognini "I russi, almeno i giovani e i più abituati a usare il web, sanno. Ma anche chi è all’oscuro è responsabile dei massacri che stanno avvenendo in Ucraina". Per Anna Zafesova, editorialista de La Stampa e analista esperta della Federazione, i crimini commessi a Bucha, Mariupol e altre città diventeranno un marchio indelebile con cui fare i conti, come è successo in Germania dopo la Seconda guerra mondiale. In Russia quanti sanno cosa sta succedendo? "Chi consulta solo i media ufficiali non sa nulla, visto che vige una censura militare e i media indipendenti sono stati chiusi. Restano Internet e i social: gli oscuramenti si possono facilmente aggirare. E per chi conosce le lingue, molti siti, come quello del New York Times restano accessibili. Telegram di fatto è diventata la principale fonte di informazione indipendente". Ma quanti vanno alla ricerca di queste informazioni? "Questa è la vera domanda. C’è un divario generazionale, come in molti altri Paesi, tra chi si informa su Internet e chi guarda solo la televisione. Questo gap ha creato scontri molto duri anche all’interno delle famiglie: gli anziani, che provengono dalla tradizione sovietica, hanno paura di contraddire la versione ufficiale della propaganda. Più l’età scende, più la situazione cambia. Anche se molti sicuramente faticano ad accettare la realtà: rendersi conto che il proprio Paese si è macchiato di crimini orrendi non è facile da accettare". Ma la maggioranza dei russi crede davvero che a commettere gli orrori di Mariupol e Bucha siano stati gli ucraini? "In un Paese dove la polizia ti arresta per un’idea e i sondaggi non sono attendibili è impossibile quantificare una maggioranza. C’è una parte di opinione pubblica che preferisce non vedere; una che sa e che inorridisce e anche una che pensa che sia giusto così". All’inizio dell’invasione, si vedevano manifestazioni e cortei contro la ...
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