
"Tenuta in isolamento, in uno stato di vulnerabilità", di fatto in uno "stato di fragilità". Così il pm di Roma ha descritto il modo in cui la grande attrice Gina Lollobrigia, morta il 16 gennaio scorso a 95 anni, era tenuta dal suo ex collaboratore e factotum, Andrea Piazzolla. Per lui il sostituto procuratore Eleonora Fini ha chiesto una condanna a 7 anni e sei mesi di carcere per la pesante accusa di circonvenzione di incapace. La sentenza è attesa per il 5 ottobre. L’accusa ha ricordato quanto emerso dal lavoro svolto da consulenti e periti. Tutti, ha spiegato il pm, sono stati concordi sul fatto che l’attrice abbia avuto "un indebolimento della capacità di intendere e autodeterminarsi e di decidere autonomamente con una parziale deficienza psichica". Secondo l’accusa, Piazzolla ha messo in atto dal 2013 al 2018 una sistematica spoliazione di beni dal patrimonio dell’attrice. L’indagine della Procura capitolina è partita da un esposto presentato dal figlio di Lollobrigida, Andrea Milko Skofic.
Dal 2021 la diva aveva un amministratore di sostegno nominato dal Tribunale per tutelare il suo patrimonio. Secondo la Procura, il collaboratore personale le avrebbe sottratto complessivamente diversi milioni di euro e beni. Agli atti del processo anche i due testamenti olografi dell’attrice. I legali dei familiari hanno ribadito che siamo "davanti a un evidente e grave caso di circonvenzione di incapace". In apertura hanno depositato ulteriori documenti dai quali emerge che tra appartamenti, gioielli e conti correnti, per un valore di oltre 10 milioni, non sia rimasto quasi più nulla nell’asse ereditario della Lollobrigida.