Il pm in prima linea "La rete anarchica esiste Ed è in grado di colpire in molti paesi europei"

Dambruoso ha indagato a lungo sulle cellule eversive italiane "Non ci sono un capo né una cupola. Piccoli gruppi difficili da individuare . L’attentato di Atene dimostra che condividono obiettivi comuni"

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di Alessandro

Farruggia

"Lo spontaneismo è nel Dna dell’anarco-insurrezionalismo, ed è al tempo stesso il suo limite e la sua forza". Stefano Dambruoso, magistrato prima a Palermo, poi a Milano e oggi a Bologna, ha incrociato spesso nelle sue indagini gli anarchici. E da loro è stato anche minacciato.

Dottor Dambruoso, l’anarco-insurrezionalismo sembra una caotica galassia di cellule e gruppi che agiscono ciascuno per proprio conto, ma verso un unico obiettivo di destrutturazione del capitalismo. È così?

"È una definizione che corrisponde alla definizione che loro stessi promuovono. C’è una tendenza allo spontaneismo e un no alla gerarchizzazione, il rifiuto di qualsiasi gruppo dirigente. Si tratta di aree di dissenso che hanno la caratteristica di convergere di volta in volta su determinati obiettivi ma senza essere coordinati".

Il che pone un problema per chi deve indagare su di loro, non trattandosi di una struttura rigida e codificata.

"Senz’altro questo complica le cose agli investigatori perché è difficile monitorarli nella loro dinamica evolutiva e prevenire eventuali azioni. E trattandosi di una struttura liquida, nella quale non si entra facilmente, è anche molto difficile infiltrarsi".

Si può dire che gli anarchici italiani greci e spagnoli almeno dal 2010 hanno stretto una sorta di patto informale che li unisce nella loro battaglie?

"Dal 2010, ma anche da prima, dall’inizio degli anni 2000, gli anarco-insurrezionalisti di questi tre paesi hanno strutturato rapporti intensi di interazione e di solidarietà che hanno portato a ripetute attività di cooperazione e di sostegno, anche per ospitare eventuali latitanti o per condividere target comuni. In questo senso l’azione contro la diplomatica Susanna Schlein per colpire l’Italia per la detenzione di Alfredo Cospito, stando a quanto diffuso dai media, sembra coerente con questo visto in questi anni. Non c’è però una struttura comune, non c’è una cupola anarchica, ma solo un costante contatto solidaristico. Non c’è nessun capo comune, l’azione è sempre decentrata e decisa da piccolissimi gruppi che si autoformano di volta in volta".

La rete è estesa ad altri Paesi?

"Su un tessuto che storicamente fa prevalentemente riferimento a Italia, Grecia e Spagna, negli ultimi 15 anni ci sono state evidenti interazioni di reciproco supporto con altre aree del dissenso in particolare tedesco e francese".

Qual è il livello di pericolosità delle cellule terroristiche anarchiche?

"Il livello è alto sebbene tradizionalmente non è associato ad azioni mortali. Quindi pacchi bomba, incendi dolosi, ma non omicidi politici".

A un corteo dei sindacati di base, a Roma, un gruppo di anarchici ha manifestato per Cospito senza suscitare indignazione tra i partecipanti. Quanto è grande il brodo di coltura di questi gruppi?

"Sono portato a credere che non vi sia un brodo di coltura più ampio di quello mostrato dalle indagini, ovvero molto limitato. Leggo la mancata reazione non come una sottovalutazione ma come l’indiffrenza dei partecipanti verso tematiche né popolari né condivise".

In quali città italiane la presenza anarco-insurrezionalista è più forte?

"Il riscontro giuridico più importante è stato nel torinese. Ma ci sono presenze anche a Milano, nel Trentino, a Bologna, Roma e in Sardegna. I gruppi sono in continua comunicazione tra di loro ma, ripeto, senza una progettualità operativa comune".

Parliamo di centinaia o di qualche migliaio di unità?

"Nell’ordine di alcune centinaia in totale".

Quali sono i loro obiettivi?

"Tradizionalmente il sistema carcerario e giudiziario in senso lato, l’industria della Difesa e quella nucleare, la Tav, recentemente le reti 5G e le istituzioni sanitarie, in chiave no vax. Ma colpiscono sempre in maniera non coordinata tra di loro".