Il pianto del papà: il mio Luca era speciale Draghi in aeroporto per accogliere le salme

Con il premier i ministri Guerini e Di Maio. Il padre dell’ambasciatore: "Per noi la vita è finita, ma dobbiamo pensare alle tre bambine"

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di Gabriele Bassani

e Marco Galvani

"In trenta secondi sono passati i ricordi di una vita, ci è crollato il mondo addosso. Sono cose ingiuste, che non devono accadere. Per noi la vita è finita". Nella sua casa di Limbiate, in Brianza, papà Salvatore Attanasio è circondato di foto e ricordi del figlio Luca, l’ambasciatore ucciso lunedì mattina in Congo in un agguato in cui hanno perso la vita anche il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista. Non si danno pace lui, la moglie Alida e la figlia Marina. Luca li aveva chiamati l’ultima volta domenica. Mentre lunedì mattina gli aveva inviato sul cellulare una foto che lo ritraeva con il militare che lo scortava e un video della partenza della missione della World Food Program. Erano le 9. A mezzogiorno la telefonata con la tragica notizia. "Ma adesso bisogna pensare alle nipotine, queste tre creature avevano praterie davanti con un padre così – il dolore del signor Salvatore –. Non sanno ancora cosa è accaduto. Anche la loro mamma, Zakia, la moglie di Luca, è distrutta dal dolore".

Entrambi condividevano la vocazione di fare del bene. E lui era "un uomo ottimista, pieno di fantasia e capacità di coinvolgere gli altri nei suoi progetti. Non era preoccupato, ma anzi felice per la missione che doveva compiere". Ricordi senza retoriche eroiche. "È sempre stato proiettato verso alti ideali, onesto e corretto".

Oggi papà Salvatore e mamma Alida sono "increduli e sotto choc", le parole del sindaco di Limbiate, Antonio Romeo, dopo averli incontrati prima che partissero su un suv scortato dai carabinieri verso Roma, dove nella tarda serata di ieri all’aeroporto di Ciampino è atterrato l’aereo con le salme di Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci (questa mattina è prevista l’autopsia al Policlinico Gemelli) accolte dal premiero Mario Draghi e dai ministri Guerini e Di Maio. La vedova dell’ambasciatore, Zakia Seddiki, e le tre figliolette, invece, sono attese in Italia nella giornata di oggi.

È "una perdita incommensurabile", lo sfogo di Salvatore. Per tutti. Perché "era sempre vicino alla gente. Era molto sensibile alla sofferenza dei poveri, al dolore di coloro che sono ultimi – lo ricorda l’amico avvocato Joseph Nzimbala, ex studente internazionale accolto dal Centro studenti internazionale di Firenze -. L’ho visto tante volte togliersi la giacca e andare ad aiutare i bambini di strada".

Ma Luca lo ripeteva sempre: "Fare l’ambasciatore è un po’ come una missione. Quando sei un rappresentante delle istituzioni hai il dovere morale di dare l’esempio". Tanto che "l’ho visto pagare di tasca propria le rette scolastiche ai figli di chi non aveva possibilità" nei villaggi dimenticati nella foresta. "Faceva di tutto per rappresentare al meglio l’Italia", assicura Nzimbala. Lo ha sempre fatto. Era "una mente speciale, ma soprattutto una persona dedita al suo lavoro con orgoglio e impegno", la commozione dell’ex senatore Alfredo Mantica, oggi presidente della Ong Avsi. Fu lui ad accogliere Luca Attanasio al ministero degli Esteri nel 2004: "Entrò come assistente, ma poi per me diventò come un figlio. Mi accorsi subito che era una persona speciale, aveva delle doti uniche. Luca era uno di quelli che non elencava i problemi, li risolveva. Mi aveva colpito fin da subito per la sua laurea in Economia che non è tipica di chi vuole lavorare nella diplomazia. Mi disse che avrebbe voluto lavorare all’estero per un’azienda, anche se poi decise di lavorare all’estero per l’Italia".

Lo scorso anno, in piena emergenza Covid, ha organizzato personalmente il rimpatrio di molti italiani, allestendo un volo charter, chiamandoli uno ad uno per avvisarli. E allora, "quando ci capita di prendercela con funzionari pubblici, dovremmo ricordarci che però esistono anche quelli come Luca Attanasio, che sono la parte migliore di questo Paese".