Il Pd spinge per Draghi, 5S divisi "Per ora non formalizziamo nomi"

Vertice tra Letta, Conte e Speranza. Nessuna mossa sarà fatta prima della decisione del centrodestra

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di Ettore Maria Colombo

ROMA

Il primo vertice ufficiale dei tre leader del centrosinistra (Letta, Speranza e Conte) sul Quirinale si tiene a casa di Conte, dura due ore e si svolge di mattina presto. All’uscita, nonostante l’assedio asfissiante di microfoni e telecamere, nessun comunicato ufficiale. Solo tre tweet, peraltro in fotocopia, lanciati dai ‘tre amigos’. "Nessuna intesa sui nomi", dunque, per "lasciare aperte tutte le opzioni", ma una porticina lasciata aperta al dialogo: "Ne parleremo con il centrodestra nei prossimi giorni", si limita a dire il segretario del Pd, che poi aggiunge: "Siamo aperti al confronto, nessuno può vantare un diritto di prelazione, serve un nome condiviso". Letta, soprattutto, segnala: "Non ci sono i presupposti per Berlusconi al Colle" e, poi, all’Huffington Post, dice – visibilmente soddisfatto della cosa – "L’assalto della destra al Colle è fallito, ora serve serietà e un nome condiviso, no a rose di parte".

Al Nazareno puntano tutte le loro carte su Draghi, che dovrebbe traslocare al Colle, ma anche garantire – previo accordo con tutti i leader di maggioranza – il futuro governo mentre ai partiti spetterebbe il "patto di legislatura" (per completare quella attuale) e la scelta dei ministri. Letta vuole donne e uno degli attuali tre dem rischia di saltare, ma dipenderà dagli accordi, e comunque Guerini appare l’unico inamovibile.

Il M5s – diviso tra chi (ala Di Maio) vuole Draghi e chi (ala Conte) vorrebbe solo tenerlo dov’è – conferma il suo no secco a Berlusconi. Ma, dopo il vertice, Conte va per un’ora alla Farnesina da Di Maio, e stavolta tra i due sono dolori veri. Non è un mistero che il leader del Movimento 5 Stelle spinga per una candidatura terza: "Siamo pronti a offrire al Paese un nome che rappresenta tutti", dice. Ma fonti del M5s fanno subito filtrare la richiesta di "continuità dell’attuale governo", che tradotto significa Draghi resti a palazzo Chigi. Di Maio non ci sta. Il faccia a faccia non è stato "sereno".

Il ministro degli Esteri ha ribadito che "il M5s deve rimanere compatto, dimostrando centralità" e sottolineato la necessità di garantire comunque il prosieguo della legislatura. Di Maio vuole "preservare il premier dai tatticismi politici", ma punta a spedirlo al Colle, rivela a un esponente dem di primo piano: "Conosco le resistenze interne al Movimento su Draghi, ma tutti i nostri alleati europei e internazionali vogliono che continui il suo lavoro, a Palazzo Chigi o al Colle".

Però, i mal di pancia che tormentano i Cinque stelle sono tali e tanti che, oggi, prima del vertice dell’intero Movimento con Conte, capigruppo e parlamentari, si riuniranno i 60 "dimaian"’ per fare blocco. Tre quarti dei parlamentari, infatti, spingono ancora per trovare un nome alternativo a Draghi, a costo di concordarlo pure con Salvini. "Noi – ribadiscono a Conte - non siamo disposti a votare Draghi. E siamo la metà dei parlamentari" (tra i senatori si rilancia la carta Mattarella bis).

Il Pd teme, ovviamente, di bruciare il nome del premier, anticipando una sua candidatura, e il centrosinistra, ancora diviso, resta prudentissimo. Il grande timore del Pd è che il centrodestra sfrutti le lotte interne ai 5 stelle per spaccarli. "Conte – spiega un big dem – non può dire di no a tutto". Già, non resta che convincerli, i 5Stelle…