Crisi di governo: il Pd dice Conte e attacca Italia Viva. Per ora

La delegazione dem al Colle propone un reincarico all’attuale premier e reagisce con durezza alle accuse lanciate dall’ex segretario

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Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti (qui il video), esce dallo studio degli Arazzi di Lille, dove ha incontrato il Capo dello Stato, scuro in volto. Il leader dem rilascia una breve, e secca, dichiarazione ai giornalisti presenti in cui si limita a dire: "Abbiamo indicato la disponibilità a sostenere un incarico al presidente Giuseppe Conte, punto di sintesi ed equilibrio avanzato" per dare vita a "un governo che possa contare su un’ampia e solida base parlamentare, nel solco della migliore tradizione europeista, in grado di affrontare le emergenze della pandemia e realizzare le grandi riforme istituzionali, a partire da una legge elettorale di stampo proporzionale".

Ipotesi mandato esplorativo a Fico

Finita la dichiarazione, Zingaretti e la delegazione Pd se ne vanno, senza voler rispondere alle domande dei cronisti.

E Renzi? E Italia viva? Il Pd apre a un suo ritorno in maggioranza di governo e accetta di farlo che ci sia o meno Conte, o no? Zingaretti, in merito, dice poco, si limita ad alludere all’atto "irresponsabile" di Iv, ma senza mai citare esplicitamente chi ha "aperto una crisi che non serviva al Paese". In buona sostanza, ci va con la mano assai leggera.

Solo più tardi sarà Andrea Orlando, vicesegretario dem presente alle consultazioni insieme ai due capigruppo, Marcucci e Delrio, e alla presidente del partito, Valentina Cuppi, a usare la mano pesante contro Renzi.

Renzi silura Conte

Orlando vuole mettere in luce quelle che giudica le "contraddizioni" di Renzi e una sua lingua che sarebbe "biforcuta" e che, spiega, "deriva dal dover tener insieme gruppi di Italia viva assai spaccati". Orlando assicura – ma anche fonti dei due capigruppo Pd e persino del Colle confermano – che "Renzi non ha posto veti sul nome di Conte". "Ma – aggiunge – in Costituzione vengono prima i nomi dei contenuti. Mattarella deve dare un incarico a qualcuno per verificare una maggioranza".

Poi, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La 7, si chiede – sardonico e retorico – "se è vero ciò che Renzi ha detto al Quirinale o quello che ha fatto uscire dopo sulle agenzie", come a dire: ‘occhio, Renzi gioca due parti in commedia’. Infine, Orlando avverte: "L’ultima parola spetta a Mattarella, ma ci sono più scenari e si rischia di rotolare verso il voto".

Insomma, mentre le aree di Guerini e Franceschini, ma anche quella dei Giovani Turchi (tre aree di ex-ex renziani), vogliono tenere – certo, non a tutti i costi – la porta aperta a Renzi e a Italia viva, l’asse Orlando-Boccia-Bettini-Zingaretti vorrebbe mandare Renzi a quel paese, stringersi intorno a Conte e, come si lascia scappare l’onesto Federico Fornaro, capogruppo alla Camera di Leu, gridare ’o Conte o voto’.

L’idea è di presentarsi alle elezioni con una formazione a tre punte (Pd-M5s-LeU) che non solo sarebbe guidata da Conte, come candidato premier, ma vedrebbe "candidati unitari in tutti i collegi uninominali perché – spiega Fornaro, quando la delegazione di LeU esce dalle consultazioni – presentarci divisi sarebbe un suicidio e un regalo alla destra con il sistema elettorale, il Rosatellum".

Ecco, i giallorossi, quelli ‘veri’, questo sognano: non un partito di Conte, ma Conte premier di un’alleanza tripartita che, se non può governare il Paese con Conte oggi, vuole vincere (o, forse, perdere…) le elezioni domani.