Martedì 16 Aprile 2024

Il patto europeo Rimpatri e asilo Vittoria a metà per l’Italia

Passa la richiesta di accordi con Paesi terzi sicuri. Ma sui ricollocamenti obbligatori l’Ue ha fatto muro.

di Alessandro Farruggia

E ora occorrerà convincere il Parlamento europeo. Martedì prossimo comincerà il negoziato a tre (fra i relatori del Parlamento europeo, la presidenza di turno del Consiglio Ue e la Commissione europea sul Patto sull’Immigrazione e l’Asilo), dopo che i ministri dell’Interno dei Ventisette hanno approvato a maggioranza qualificata, giovedì a Lussemburgo, la loro posizione su un testo di compromesso che riguarda i due regolamenti sulle procedure d’asilo (Apr) e sulla gestione dell’asilo e dell’immigrazione (Ammr).

SOLIDARIETÀ,

NON REDISTRIBUZIONE OBBLIGATORIA

Con il testo approvato dal Consiglio, viene istituito un meccanismo di “solidarietà obbligatoria“ – che diventa un obbligo giuridico – per cui gli Stati membri dovranno scegliere se accettare di ricollocare sul loro territorio una quota di richiedenti asilo (diversa per ogni Paese a seconda del suo Pil e della sua popolazione) arrivati nei Paesi di primo ingresso, o se invece fornire un contributo finanziario pari a 20mila euro per ogni migrante previsto nella propria quota e non ricollocato. L’obbligo dovrà concretizzarsi in un minimo di 30mila redistribuzioni ogni anno. E anche i migranti economici, e non solo i rifugiati, potranno essere ricollocati. Il contributo di solidarietà di chi non accetta redistribuzioni non andrà ai Paesi di primo ingresso (l’Italia si è opposta), ma confluirà in un Fondo comune Ue, gestito dalla Commissione. L’Italia avrebbe voluto ricollocamenti obbligatori, ma su questo in Europa c’è stato un muro.

MOVIMENTI SECONDARI

Viene esteso il periodo nel quale uno Stato ha la responsabilità dei migranti sul suo territorio: 24 mesi contro i 12 della legislazione vigente. In questo lasso di tempo gli Stati Ue potranno rimandare il “dublinante“ (cioè il richiedente asilo identificato secondo il Regolamento di Dublino) nel Paese di primo ingresso. L’Italia, accusata di lasciare volutamente uscire i richiedenti asilo, perde una grossa per quanto ufficiosa valvola di sfogo, ma il ministro dell’Interno Piantedosi è riuscito a ottenere che, per i migranti giunti con operazioni di ricerca e soccorso in mare (che sono la maggioranza), il termine rimanga di 12 mesi. Non solo: per le persone non bisognose di protezione, come i migranti econonomici, si passa da una responsabilità permanente dei Paesi di primo ingresso a una responsabilità di 15 mesi.

RIMPATRI IN PAESI SICURI

Di fronte all’impossibilità di rimandare i migranti nei Paesi d’origine, l’Italia chiedeva la possibilità di mandare i migranti nei Paesi in cui sono transitati e che sono considerati “Paesi terzi sicuri“, e ha avuto soddisfazione. Il modello è quanto fatto dalla Germania con la Turchia e che l’Italia vorrebbe replicare con la Tunisia e la Spagna con il Marocco. Ovviamente serviranno accordi blaterali. Non potranno mai esserci accordi con Paesi insicuri o che non rispettano i diritti umani.

PROCEDURE

DI REGISTRAZIONE VELOCI

C’è una stretta alle misure di registrazione e controllo alle frontiere esterne (che dovrà comunque riguardare obbligatoriamente tutti i migranti con nazionalità di Paesi che hanno meno del 20% del tasso di accoglienza delle domande di asilo). I Paesi di primo ingresso dovranno registrare entro 24 ore i migranti irregolari in arrivo, e avranno poi 12 settimane per la concessione dell’asilo, e altre 12 settimane per attuare i rimpatri dei non aventi diritto.