Il Patriarca sardo è ritornato a vivere L’olivo di mille anni più forte dei roghi

L’albero di Cuglieri, oltre 10 metri di diametro, era stato distrutto dalle fiamme nel 2021. Ma ora sono rispuntati i germogli

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di Riccardo Jannello

CUGLIERI (Oristano)

L’Inferno del Patriarca, parafrasando Marquez, potrebbe diventare presto Purgatorio. Se mai tornerà a essere Paradiso non si può ancora dire. L’oleastro millenario di Cuglieri, uno dei monumenti botanici più antichi e importanti al mondo e per questo chiamato dalla comunità locale il Patriarca, avvolto dal fuoco in quel disgraziatissimo 24 luglio 2021 quando l’Oristanese andò in fiamme con conseguenze ancora importanti soprattutto per l’economia agricola, ha dato i primi segnali di risveglio. "Da un malato in fase terminale ricoverato in rianimazione è una bella cosa", ci dice Gianluigi Bacchetta, ordinario di botanica a Cagliari, la cui équipe è al lavoro per ridare vita a una ceppaia che sembrava morta. "Dall’incendio il nostro lavoro è stato immane, prima per raffreddare e salvare l’albero, esposto a temperature elevatissime, quindi per irrigare le radici dove ancora c’era combustione. La siccità autunnale non ci ha reso un buon servizio, speravamo nella primavera e ora possiamo dirlo: l’attività di fotosintesi è ripresa, i primi germogli di 35-40 centimetri stanno crescendo e ora siamo nelle condizioni di confermare che i progressi si stanno concretizzando. Non volevamo essere troppo ottimisti, ma i dati ci dicono che il Patriarca non è morto".

Dieci metri di diametro, l’olivastro millenario è molto importante per Cuglieri. "La sua vicenda – ci dice il sindaco del paese, Andrea Loche, agronomo – è paradigmatica. Si tratta della dimostrazione che noi sardi siamo resistenti e resilienti: il Patriarca ha fatto tutto da solo, anche se coccolato dagli scienziati; è risorto dalle sue ceneri e noi non possiamo che essere contenti. Per la nostra comunità è un simbolo e ora possiamo tirare un sospito di sollievo. Ci ha messo millenni per essere quello che è e noi temevamo che la catastrofe ce lo avrebbe portato via. Le ultime notizie ci rincuorono. Se festeggeremo la sua rinascita? Il Patriarca si festeggia da solo!".

Loche non era ancora sindaco quando scoppiò l’incendio. "Da cittadino – ci dice – ho sofferto come tutti e ora come amministratore devo difendere la ripresa dell’olivastro con provvedimenti adeguati, facendo in modo che l’area in cui si trova non venga invasa dai curiosi: la situazione è delicata, calpestare il terreno attorno può ancora creare problemi alla ripresa. Sono certo che la popolazione capirà".

Gli interventi sull’oleastro di località Sa Tanca Manna proseguono sotto la guida del professor Bacchetta. "Abbiamo – dice – dovuto difendere la ceppaia con una serie di strutture come la sostituzione artificiale della chioma con dei tendaggi, in modo che il tronco ora che la temperarura sale sia difeso dal calore. Sono stagioni strane in cui la siccità ele temperature che la scorsa settimana hanno raggiunto anche i 40 gradi non aiutano, ma la prognosi è finalmente positiva".

L’albero ha messo in gioco anche le sue autodifese: "La corteccia ha continuato a essere ben aderente al tronco e questo ha procurato solo benefici, come la vitalità che il Patriarca ha dimostrato. Noi abbiamo cercato di trattarlo meglio possibile. Ricordo l’emozione quando il venerdì santo ci siamo accorti che l’oleastro stava rispondendo alle cure come speravamo. E la mente è tornata a quella sera del 24 luglio dello scorso anno e allo spettacolo terribile davanti al quale mi ero trovato. Ora i polloni hanno ritrovato energia, i germogli crescono: anche se il Patriarca non dovesse tornare completamente quello ammirato per millenni è comunque un successo". Successo dovuto anche alla Banca del Germoplasma, voluta da Bacchetta all’Orto botanico di Cagliari: "Abbiamo raccolto nel passato i semi di questo olivo millenario e continuiamo a coltivarli; anch’essi ci sono serviti per aiutarlo a germinare di nuovo e a combattere temperature interne che sono state anche superiori ai 90 gradi dopo il disastro e che ci avevano fatto temere che il Patriarca non vivesse più".

Ora il problema è risolvere la crisi dell’economia locale, con gli oliveti andati distrutti e tutto l’indotto fermo. "Aspettiamo ancora i finanziamenti – dice il sindaco Loche –, per tornare ai livelli di prima dell’incendio potrebbero servire anche otto-dieci anni". Il Patriarca veglierà con le sue fronde risorte.