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Roma, 4 maggio 2022 - Anche Francesco perde la pazienza. A quasi settanta giorni dall’inizio del conflitto su larga scala in Ucraina, il Papa abbandona le ultime prudenze e chiama Caino con il suo nome e cognome: Vladimir Putin. In una conversazione con il Corriere della Sera, Bergoglio imputa allo zar "una brutalità" che non si vedeva da venticinque anni, dai tempi della guerra in Ruanda. Lo smaschera sulla pubblica piazza, confidando di avergli chiesto a metà marzo un incontro a Mosca per favorire la pace e di non aver ricevuto ancora alcuna risposta, per poi sottolineare che il capo del Cremlino "non si ferma" nella violenza. Cremlino: "Nessun incontro Putin-Papa, o dichiarazione di guerra il 9 maggio" Ue, proposte sanzioni anche contro il Patriarca Kirill L'ideologo di Putin: Occidente è l'Anticristo, tossico e Lgbt. "Il Papa? Insignificante" "Putin molto preoccupato, ufficiali dei servizi pronti a cacciarlo" Siamo davanti al cambio di passo invocato in questi mesi da chi rimproverava al Papa di essere troppo equidistante? "C’è un soprassalto di franchezza anche linguistica che può aiutare meglio a capire quale sia il contesto geopolitico in cui ci troviamo – chiarisce il 65enne Brunetto Salvarani, docente di Teologia della missione e del dialogo alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna –. Parlare di una sua equidistanza mi sembra eccessivo. Bergoglio ha cercato di mantenere una posizione tale da agevolare una rapida soluzione del conflitto". Si è illuso che la guerra potesse durare poco? "Lui come tanti, però. Adesso anche il Papa si attrezza a una lettura di respiro, vedendo come stanno evolvendo le dinamiche sul terreno". Sull’invio delle armi agli ucraini anche Francesco sta facendo un bagno di realismo? "Sul punto in effetti è apparso più possibilista che in passato. Più in linea, se vogliamo, con la posizione italiana che in concreto sostiene la ...
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