Giovedì 18 Aprile 2024

Il papà non vuole lasciare la mano della figlia morta

Terremoto Turchia, la foto che spezza il cuore: un padre tiene la mano della figlia morta

Terremoto Turchia, la foto che spezza il cuore: un padre tiene la mano della figlia morta

di Viviana

Ponchia

Le parole sono inutili, basta guardare le mani. Quella dell’uomo è arrossata dal freddo, il privilegio di essere vivi. La mano di Irmak sembra di alabastro. Ma restano agganciate e si parlano. Dicono: resta con me, non te ne andare. Dicono: io sarò sempre qui. Padre e figlia nel cuore della devastazione a Kahramanmaras. Mesut Hancer con quella giacca fosforescente potrebbe essere scambiato per un soccorritore. Irmak potrebbe essere una quindicenne che dorme. Sono immobili tutti e due. Di lei si intravede una guancia appoggiata sul cuscino, in lui non c’è la fretta di chi lotta contro il tempo perché il tempo si è fermato. Intorno stanno sparpagliati i pezzi di un mondo che è diventato cratere lunare, discarica, spiaggia stravolta dai relitti dopo la mareggiata. Non c’è sopra e non c’è sotto: è venuto tutto giù e poi è come se fosse imploso e rigettato di nuovo dal centro della terra. Mattoni, travi, materassi, brandelli di lenzuola, almeno non fossero rosa. E l’inconsistenza maligna dei fiocchi di neve. Le mani agganciate di Mesut e di sua figlia sono l’epicentro del dolore e della resistenza, più sante delle labbra che pregano. Questa è la nostra casa. Ora gli altri vedono solo macerie e ganci arrugginiti, ma è qui che ti ho dato l’ultima buonanotte. Posso contare tutte le ossa della tua mano bellissima, Irmak: ventisette, intatte. Accarezzavi i gatti e tagliavi le verdure con quella mano, te la passavi fra i capelli. La tengo nella mia come ho fatto da quando sei nata. Finché non mi portano via, fino a quando magari non ti svegli. Perché i terremoti rovinano i sogni della gente che dorme? Non puoi vedere, io non sento. Però le nostre mani continuano a parlare. Ho freddo, ma stai tranquilla: papà non si muove.