Il Papa in Iraq tra le macerie di Mosul "Il terrorismo non ha mai l’ultima parola"

Tappa finale del viaggio nel nord del Paese. Dopo l’inferno della Guerra santa, oggi i segni di ripresa: sono tornati 20mila cristiani

Il Papa in Iraq tra le macerie di Mosul

Il Papa in Iraq tra le macerie di Mosul

di Nina Fabrizio

Non è un caso che la visita storica di Francesco in Iraq, conclusa ieri sera con successo, si sia svolta in Quaresima. Di mattina, compiendo un pellegrinaggio di dolore e rinascita che ha preso le mosse da Mosul, ex roccaforte Isis, passando per l’antica Qaraqosh e concludendo infine la giornata tra i curdi di Erbil con una messa partecipata da circa 15mila persone, Francesco ha quasi interpretato una specie di Via Crucis tra le sofferenti stazioni della più recente storia irachena. "Voi siete tutti fratelli", è la citazione del Vangelo di Matteo che fa da motto al viaggio.

Eppure, lì nel Nord del Paese, in quel triangolo desertico nel cui mezzo scorre placido il Tigri, precipitato tra il 2014 e il 2017 in un vero inferno dopo la proclamazione della Guerra santa da parte del ‘Califfo’ al Baghdadi, fino a ieri a prevalere era stato Caino. Oggi si vedono i segni di una debole rinascita. Ventimila dei 50mila cristiani di quelle zone sono tornati, seppure tra incertezza e paura, a ripopolare la Piana di Ninive. Daesh li aveva brutalmente scacciati in una terribile, indimenticata notte tra il 6 e il 7 agosto 2014 quando indicibili violenze, brutalità e profanazioni erano state compiute contro di loro e contro i simboli cristiani. Francesco è andato ad abbracciare tanto dolore, a posare le sue mani di Padre sulle macerie vive, a stendere balsamo sulle ferite ancora aperte. Toccanti i dialoghi intimi con il papà di Alan, il bimbo morto sulle rive turche cercando di raggiungere l’Europa, e con una mamma che ha subìto l’uccisione di un figlio per mano dell’Isis.

A Mosul, nella piazza delle quattro chiese, distrutte dalle Bandiere nere, ha alzato la sua preghiera in suffragio delle vittime. "Com’è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone – musulmani, cristiani, yazidi – sfollati con la forza o uccisi! Oggi, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra. Questa convinzione parla con voce più eloquente dell’odio e mai potrà essere soffocata nel sangue versato da coloro che pervertono il nome di Dio". A Qaraqosh, incontrando la comunità cristiana oggetto di martirio, altri momenti intensi, di commozione. "Questo nostro incontro – ha detto però Bergoglio diffondendo il suo messaggio di speranza – dimostra che il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola". Eccolo "il trionfo della vita sulla morte", la Pasqua finalmente arrivata, che non solo i cristiani d’Iraq ma forse tutti gli iracheni aspettavano come dimostrano le scene di contentezza alla messa ad Erbil, protetta da imponenti misure di sicurezza anche se le armi hanno taciuto per tutta la visita. Francesco ha declinato l’omelia sui temi del perdono e della riconciliazione, ripetuti più volte. A Qaraqosh, nella chiesa dell’Immacolata Concezione che Isis aveva ridotto a poligono di tiro, aveva aggiunto parole a braccio per le "donne irachene coraggiose che continuano a donare vita nonostante i soprusi e le ferite". Lì ha firmato anche il Libro d’Onore con ultime, intense parole: "Da questa chiesa distrutta e ricostruita, simbolo della speranza di Qaraqosh e di tutto l’Iraq, invoco da Dio, per intercessione di Maria, il dono della pace".