Giovedì 25 Aprile 2024

Il padre non è nella tomba Lo scopre dopo 33 anni

Scambio di bare in un cimitero in Abruzzo. La donna denuncia il Comune

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ROMA

Ha pregato per 33 anni sulla tomba del padre, ma in quella tomba c’era un perfetto sconosciuto. Nonostante la foto e la targa sulla lapide siano dedicati all’amato genitore, nessuno sa che fine abbia fatto la salma. E nemmeno chi sia il giovane tra i 37 e i 48 anni che riposa al suo posto e come sia stato possibile un così grave scambio di salme. Teatro della vicenda il cimitero comunale di Pineto , in provincia di Teramo. A denunciare la vicenda la figlia 61enne originaria di Piacenza, ma residente a Silvi. Nel 2017 il Comune stila un elenco di salme destinate al trasferimento all’ossario per liberare il terreno dove realizzare nuove tombe. La signora nota l’annuncio, contatta gli uffici cimiteriali e poi quelli comunali per acquistare un nuovo loculo e fissare l’appuntamento per l’esumazione del padre. Come suo diritto e come previsto dalla legge, chiede di assistere alle operazioni, ma a settembre si reca al cimitero e trova la lapide del padre rotta e la tomba violata. Infuriata contatta il servizio cimiteriale. L’addetto l’avvisa che le spoglie del padre, non ancora mineralizzate all’interno di una tomba cementata assai resistente, dovevano attendere ancora prima del trasferimento all’ossario. Per accelerare il processo biologico, il corpo è stato trattato con un acido, lo “Zyklon”, per poi essere riposto nella stessa tomba. Infastidita dal mancato avviso e dai tentativi di contattare gli uffici e il sindaco per una spiegazione, la figlia dà mandato ai legali e registra telefonate e conversazioni. L’inchiesta accerta che l’acido in realtà era consentito dalla legge, certamente non lo “Zyklon” nominato dall’addetto cimiteriale. Più difficile è stato spiegare alla signora non è quella del padre, morto a 64 anni.

"Ma allora dov’è mio padre?" ha chiesto sgomenta la donna al magistrato. La risposta non c’è. A 4 anni dai fatti la signora si batte contro il Comune affinché sia rimossa la foto e la targa col nome del genitore. L’inchiesta è stata archiviata: il pm ha presunto che lo scambio di salma sia avvenuto tra la sepoltura e l’apposizione della lapide definitiva, nel 1986. Impossibile risalire al responsabile: il custode che avrebbe dovuto sovrintendere le operazioni è stato sentito, ma nel frattempo è deceduto. Alla figlia non rimane altro che intentare causa civile. I legali hanno avanzato una richiesta di risarcimento danni di centinaia di migliaia di euro.