Non si placano le polemiche sulle modifiche alle pensioni. Il tema è l’adeguamento all’inflazione, ma solo per gli assegni fino a 2.100 euro: per tutti gli altri assegno ridotto rispetto alle attese con minori guadagni da oltre 400 euro annui. Il decreto del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha fissato al 7,3% l’adeguamento degli assegni all’inflazione, ma solo per chi riceve una cifra uguale o inferiore a 4 volte il minimo (2.096 euro lordi). Oltre quella soglia scattano tagli progressivi. La rivalutazione sarà dell’80% per la fascia 2.096-2.620 euro; per poi scendere progressivamente al 55%, al 50%, al 40% e infine al 35% per le pensioni superiori a 10 volte il minimo (5.240 euro lordi). Per fare un esempio: chi percepisce 2.600 euro lordi (poco più di 1.900 netti), vedrà la propria pensione salire di 146 euro (+5,84%), ma perdendo rispetto al vecchio sistema circa 34 euro al mese e 446 l’anno, e così via con tagli più alti man mano che cresce l’assegno. Un sistema che consente risparmi (stimati intorno ai 2 miliardi) necessari per coprire delle misure previdenziali contenute nella legge di bilancio. Ma che manda su tutte le furie i sindacati. "I pensionati italiani sono trattati come bancomat", attacca il segretario generale dello Spi-Cgil Ivan Pedretti, facendo notare che pensioni da 1.500-1.600 euro netti al mese, frutto di oltre 40 anni di lavoro e di contributi versati, vengono "fatte passare per ricche". A guadagnarci - anche se di poco - saranno solo le pensioni minime, per le quali è prevista una rivalutazione del 120%.
CronacaIl nodo pensioni Adeguamenti più bassi per il ceto medio Il no dei sindacati