Giovedì 25 Aprile 2024

Il no di mezza Europa ai profughi: restino là

Austria, Danimarca e Repubblica Ceca: "Aiutiamoli, ma solo nei Paesi vicini". Domenica scorsa l’appello di Mattarella all’accoglienza

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Tre giorni fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva definito "sconcertante" l’ipocrisia di alcuni leader europei di fronte all’accoglienza dei profughi afghani. "Esprimono grande solidarietà ma “che restino lì“ e “non vengano qui perché non li accoglieremmo“. Questo non è all’altezza dei valori dell’Ue", aveva tuonato il presidente Mattarella. E proprio ieri, giorno in cui i talebani hanno preso il controllo anche dell’aeroporto di Kabul, l’Europa ha gettato la maschera e mostrato il suo volto più duro.

La Germania, per conto del ministro dell’Interno, il conservatore Horst Seehofer, ha dichiarato al consiglio straordinario dell’Ue sull’Afghanistan che non è "saggio parlare di numeri" per i reinsediamenti dei richiedenti asilo afghani, perché innescherebbe "un effetto calamita che noi non vogliamo". In scia, ma più ruvidi, Vienna, Copenaghen e Praga, che hanno scelto la formula della dichiarazione congiunta per spiegare che "il messaggio più importante dell’Ue" agli afghani è: "Restate nel vostro Paese, sosterremo la regione affinché vi aiuti".

Nello specifico, parole dell’austriaco Karl Nehammer, che nei giorni scorsi – mentre i talebani riconquistavano Kabul col terrore – aveva chiesto a Bruxelles di poter riprendere i rimpatri forzati degli afghani verso i Paesi vicini. "Siamo pronti ad aiutare, ma la questione deve essere risolta nella regione. Non vogliamo alimentare speranze che non possiamo soddisfare", ha chiarito il ceco Jan Hamacek. Mentre il danese Mattias Tesfaye ha messo in guardia dal ripetere gli errori del 2015, quando l’Ue bloccò la cosiddetta rotta balcanica finanziando la Turchia perché non lasciasse più passare i migranti provenienti dalla Siria.

Insomma, per chi aveva immaginato l’apertura di corridoi umanitari e accoglienza con numeri importanti, la riunione dei ministri dell’Ue è stata una doccia fredda. È vero che il testo della dichiarazione finale è stato ammorbidito con il riferimento ad un Forum globale sui reinsediamenti il prossimo mese, come ha sottolineato il capo del Viminale, Luciana Lamorgese, ed è vero che tutti i Paesi più o meno si sono detti disponibili ad accogliere: alcuni, come la Finlandia, valutano persino di raddoppiare. Ma è anche vero, come si legge nero su bianco nel testo finale, che gli impegni "sono volontari". E se il target generale Ue per i reinsediamenti fino al 2022 è di 30mila, in uno scenario ambizioso si può immaginare di raggiungere quota 60-70mila.

L’Ue poi non ha intenzione di fissare un numero perché, come ha spiegato la commissaria Ue Ylva Johansson, occorre fare i conti anche con le migliaia di ingressi illegali. Il timore strisciante, è che l’Unione si ritrovi da sola alle prese con una crisi che non ha creato. Per questo l’insistenza su azioni inserite in un quadro allargato alla comunità internazionale, alle Nazioni Unite, al G7, al G20. D’altra parte,l’unico ad aver puntato davvero i piedi per instillare un pò di umanità nello statement finale della riunione è stato il ministro lussemburghese Jean Asselborn. "L’Ue deve restare fedele ai suoi valori. Dobbiamo mostrare solidarietà".

red.est.