Mercoledì 24 Aprile 2024

Whatsapp down, mondo senza social nel panico. Caos Facebook: perde 6 miliardi

Per oltre 7 ore impossibile usare anche WhatsApp e Instagram: colpa di un "errore banale". Zuckerberg si scusa

Facebook ha debuttato a Wall Street il 18 maggio 2012

Facebook ha debuttato a Wall Street il 18 maggio 2012

Sono almeno due le considerazioni che ora si possono fare sul lungo blackout che lunedì sera ha interessato i servizi online di Facebook: la prima è che senza social network ci sentiamo perduti e spaesati. Rimanere per ore senza mandare o ricevere un messaggio WhatsApp, senza poter scorrere i post su Facebook di amici e conoscenti e senza guardare le foto di Instagram ci ha fatto sentire impotenti, disconnessi dal resto del mondo, impossibilitati a comunicare e disorientati. La seconda considerazione è che i giganti tecnologici possono dimostrarsi fragili e finire a terra da un momento all’altro e senza avvisarci, per colpa di un banale malfunzionamento. Perché lunedì sera, per sette ore e mezzo, il mondo è rimasto orfano di alcuni servizi che ormai consideriamo essenziali, come il gas e la luce. Ma cosa è successo esattamente e perché ci è voluto così tanto per ripristinare questi servizi? Secondo gli esperti si sarebbe trattato di un errore tutto sommato banale: un’errata configurazione dei server di Facebook.

Ecco le cause del down di Facebook, Instagram e Whatsapp

Proviamo a spiegare la cosa in maniera semplice: i computer convertono siti web come Facebook.com in indirizzi numerici (IP), attraverso un sistema che può essere paragonato alla rubrica di un telefono. Il problema che ha avuto Facebook è stato l’equivalente del rimuovere i numeri di telefono degli utenti dai loro nomi in rubrica, rendendo impossibile chiamarsi. Sono in pratica stati cancellati tutti i collegamenti che consentivano agli utenti di accedere ai server di Facebook. L’interruzione ha avuto un impatto enorme, immobilizzando una suite di servizi a cui si affidano ogni giorno più di 2,75 miliardi di persone per comunicare, fare affari e consumare notizie.

L’amministratore delegato Mark Zuckerberg si è scusato sulla sua pagina Facebook ed ha anche precisato che "nessun dato utente è stato compromesso a causa di questo incidente". Ma oltre che sugli utenti, il problema ha avuto serie conseguenze anche sulle casse della società di Menlo Park: il titolo Facebook è andato sotto pressione alla Borsa di New York chiudendo con un ribasso del 4,89%. "Zuck" a Wall Street avrebbe in totale perso qualcosa come 6 miliardi di dollari, scendendo anche di una posizione nella classifica delle persone più ricche del mondo. L’agenzia Bloomberg ha stimato che, a livello mondiale, la perdita economica sarebbe stata di 160 milioni di dollari per ogni ora di interruzione del servizio.

La perdita di Facebook si è trasformata invece in un guadagno per altri social media. Twitter ha sin dai primi minuti cominciato a registrare milioni di nuove iscrizioni e gli hashtag #WhatsAppDown, #FacebookDown e #InstagramDown sono stati in testa alle tendenze per parecchie ore. Il Ceo di Twitter, Jack Dorsey, ha invitato tutti ad utilizzare il sistema di messaggistica Signal, in alternativa al "defunto" WhatsApp, facendo incrementare in maniera esponenziale il numero di nuovi utenti. L’applicazione Telegram, concorrente di WhatsApp, è salita di ben 55 posizioni nella classifica dei download da iPhone negli USA.

L’interruzione di lunedì è stata solo l’ultimo di una serie di eventi difficili per Facebook. Una ex dipendente diventata "talpa" è apparsa l’altro giorno in Tv per accusare la società di dare la priorità ai profitti rispetto alla sicurezza degli utenti. Il popolare Wall Street Journal ha pubblicato un report interno a Facebook nel quale si evince quanto i social possano nuocere agli adolescenti e causare anche depressione e ansia. Pugni nello stomaco per Zuckerberg che ora dovrà cercare di non perdere la credibilità nei confronti dei suoi azionisti e la fiducia degli utenti che ora potrebbero anche decidere, dopo averlo sperimentato per diverse ore, che vivere senza essere perennemente connessi può anche essere bello. E questo, forse, è il rischio maggiore che corre il geniale imprenditore americano.