
Il figlio del Drake compie 80 anni: papà è un mito impossibile da replicare "L’unico rammarico: non aver conosciuto mio fratello Dino. Era un’altra Italia".
Piero Ferrari compie oggi ottant’anni. È uno degli italiani più ricchi sulla faccia della Terra: solo il suo dieci per cento della azienda di Maranello vale in Borsa oltre otto miliardi di euro. Eppure, gli farei un torto grave raccontandolo banalmente come un Paperone a trecento all’ora. "Beh, mi faccia partire da una classica banalità. I soldi – sospira l’erede del Drake, appena diventato bisnonno del piccolo Giorgio – nella vita sono importanti, però mica sono tutto!"
Almeno per lei.
"Se mi guardo indietro, se ripenso al percorso di una esistenza, vedo tante cose, tante persone, tante scelte".
Immagino anche tante automobili…
"Immagina bene, ma magari ne parliamo più avanti".
Rimpianti ne ha?
"Non opprimenti. In fondo ho vissuto e sto vivendo come ho desiderato e desidero. Poi certo…"
Certo cosa?
"Mi sarebbe piaciuto conoscere mio fratello Dino, il primogenito di papà. Lui è morto che io ero un ragazzino. Non l’ho mai incontrato, di lui ho saputo dopo. Eravamo figli di madri diverse, in una Italia che oggi è persino difficile raccontare. Non c’era la legge del divorzio, l’adulterio veniva considerato un reato…"
La compagna di Fausto Coppi, il Campionissimo della bicicletta, finì addirittura in carcere.
"Esatto. Cito queste situazioni perché leggere il privato di mio padre e le sue scelte con gli occhiali di oggi è ingeneroso, anzi fuorviante".
Condivido. Mi stava parlando di Dino...
"Nel mio piccolo ho cercato di recuperare il filo di una memoria purtroppo non condivisa. Lui è come un’immagine che appare e scompare all’orizzonte. A volte penso alle cose che avremmo potuto fare assieme. Ma il destino ha voluto diversamente".
Piero, debbo porle anche io la domanda che si sarà sentito fare un milione di volte…
"Ah, la anticipo: ma cosa significa essere il figlio di un Mito?"
A questo punto le tocca rispondere.
"Guardi, mai mi sono paragonato a papà. Mi rendevo conto sin da adolescente che era un personaggio non replicabile. Inimitabile. Immerso in pieno in un mondo e in un tempo che non ci sono più".
Caratterialmente vi somigliate?
"Poco. Lui era anche estremo nelle emozioni. Io invece ho preso più da mia madre Lina, che era, come dire, meno istintiva".
Ma un genitore così illustre le ha fatto ombra o no, intendo nella quotidianità?
"Allora, ho lavorato tutta la vita e ancora lavoro in Ferrari, ne sono orgoglioso però ho creato la mia azienda di engineering, sono stato presidente della Aero Piaggio, ho contribuito al salvataggio e al rilancio della Ferretti, un gioiello della nautica. E vado fiero anche di questo!".
Però con il cognome che ha non posso non stuzzicarla sulle prospettive dell’industria automobilistica italiana ed europea…
"Vede, l’auto come prodotto per le masse l’ha inventata Ford in America. Poi sono arrivati i costruttori europei. E ora bisogna fare i conti con la Cina, che da un pezzo ha smesso di essere un gigante demografico e un nano economico…"
Come se ne esce?
"I marchi europei, tedeschi come italiani o francesi, secondo me debbono riposizionarsi. Sui modelli meno costosi non credo si possa reggere la concorrenza asiatica. Dunque bisogna puntare su vetture di gamma medio alta, in una parola sulla qualità".
E con la transizione verde come la mettiamo?
"La mettiamo che imporre l’elettrificazione è stato e rimane un errore. La tutela ambientale è un valore prezioso, però bisogna evitare le forzature, bisogna accompagnare lo sviluppo tecnologico senza fissare date capestro".
Però anche la Ferrari sta per lanciare il suo primo modello interamente elettrico.
"Certo e credo che appagherà le esigenze dei nostri clienti. Aggiungo che pochi lo sanno, ma il quaranta per cento dei nostri modelli già oggi è ibrido. Ripeto, è sbagliato imporre una unica strada, l’innovazione va agevolata, gli obblighi non funzionano".
Piero, senza buttarla in politica, lei come la vede questa nostra Italia targata 2025?
"Ricca di eccellenze, con imprenditori coraggiosi. Forse aiuterebbe un’internazionalizzazione più spinta, il provincialismo non ci aiuta".
Com’era la sua prima macchina da neo patentato? Immagino fosse una Ferrari.
"Immagina male! Era una Bmw di mia mamma, che francamente non era un asso del volante. Poi papà mi comprò una Mini Cooper".
Alla faccia della italianità.
"Beh, più tardi mi passò la sua Ferrari 330, un modello due più due".
Via, si fece perdonare. Permette un ultimo quesito?
"Figuriamoci se non mi chiede quando torneremo a vincere in F1, c’è dietro l’angolo pure il Gp di Montecarlo, dove perse la vita Lorenzo Bandini, il pilota di papà che ho amato di più insieme a Niki Lauda…"
La prossima volta l’intervista me la fa lei, caro Piero.
"Perché no? Comunque scriva così: vinceremo prima dei miei novant’anni. Ma aggiunga che questa è una battuta…"