Giovedì 18 Aprile 2024

Il mito Imagine: la canzone pop che si fece inno

Il sogno e il pacifismo, dalle Olimpiadi ai falò resta la più citata. Lennon la scrisse 50 anni fa: "Il segreto? Un brano coperto di zucchero"

John Lennon e Yoko Ono durante un bed-in di protesta contro la guerra in Vietnam

John Lennon e Yoko Ono durante un bed-in di protesta contro la guerra in Vietnam

"You may say I’m a dreamer But I’m not the only one". C’è bisogno di tradurlo? Probabilmente no e forse nemmeno di citare da dove venga quest’etica del sognatore. Versi scritti da John Lennon che hanno appena compiuto (ieri) 50 anni. 'Imagine' ha mezzo secolo e lo porta bene, con tutto il suo carico di aneddoti, con tutti gli intenti interpretativi che già dal primo giorno provarono a etichettare questa canzone. È il punto più alto della carriera solista di John Lennon. Una canzone che ha letteralmente fagocitato l’album che la conteneva.

Un inno. Lo disse per primo Jimmy Carter, ex presidente degli Stati Uniti. Un inno laico (e politicamente corretto) che risuona spesso, anche in occasioni istituzionali. Dalle Olimpiadi ai falò in spiaggia con la chitarra (gli accordi sono così semplici che riprodurla non è impresa impossibile) aspettando l’alba: se ci fosse un contatore per sapere quante volte questa canzone è stata suonata in tutto il mondo, semplicemente impazzirebbe. La più citata e forse anche coverizzata. I fratelli Gallagher, quando ancora si facevano chiamare Oasis, in 'Don’t look back in anger', la citano apertamente, dal punto di vista musicale nell’attacco (accordi praticamente identici) e poi cantano anche quel tempo sospeso di John Lennon, in cui la compose, con la frase "So I start revolution from my bed". Il riferimento, ovviamente, non è puramente casuale ed è al ‘Bed-in’, la protesta di Lennon e Yoko Ono dal letto degli hotel di Amsterdam e Montreal contro la guerra in Vietnam (1969).

Neil Young invece, grande vecchio del rock, si accompagna con la chitarra e la canta all’indomani dell’11 settembre, nel concerto tributo alle vittime del World Trade Center, calzando sulle parole: "Nulla per cui uccidere o morire". Dolore e lacrime. Singolare però, che John Lennon abbia composto quest’inno alla fratellanza (e alla pace), proprio quando aveva messo nero su bianco che lui bastava a se stesso. Con i Beatles era già finita da un po’, Yoko Ono era diventata (di fatto) il suo unico faro.

Un inno pacifista che strizza l’occhio al "Manifesto del partito comunista", lo lasciò intendere, all’epoca, anche lo stesso Lennon. Ma in realtà Lennon trasse ispirazione da un libro di preghiere cristiane che era stato regalato a Yoko Ono.

Pezzi di questa canzone sono finiti sui muri dei bagni, nelle pagine dei diari degli adolescenti, nelle lettere d’amore per fare colpo, in luoghi pubblici come l’aeroporto di Liverpool. Lì forse c’è la citazione più bella: "Above us, only sky". Sopra di noi solo il cielo, che poi è un ottimo invito per volare.

Ma alla fine 'Imagine' resta solo una canzone, con tutti gli espedienti retorici della musica. Lo stesso Lennon ammise: "Imagine viene accettata, perché è coperta di zucchero". Rassicurante quasi come una ninna nanna o il suono del carillon. E in fondo è solo una canzone pop (che è diventata poi un inno). Semplice e bellissima. Senza rischiare di passare per blasfemi rispetto al mito che le è stato creato attorno.