Giovedì 25 Aprile 2024

Il mito Ferrari non si maltratta Capito Bieber?

Leo

Turrini

A uno come Roberto Rossellini non sarebbe mai potuto accadere. Il maestro cinematografico del neorealismo era innamorato dei modelli della Ferrari. Tanto che ne fece realizzare uno speciale per celebrare la storia d’amore con la bellissima Ingrid Bergman.

Questi che stiamo consumando, però, sono i tempi della cafonaggine, sublimata via social e addirittura proposta come stile di vita. Sorprende allora fino ad un certo punto apprendere che tale Justin Bieber, idolo nord americano della hit parade, è finito sulla lista nera della azienda di Maranello. Motivo: il ricchissimo babbeo si era sì comprato una vettura del Cavallino, ma poi se l’era dimenticata per strada, l’aveva ridipinta manco fosse una staccionata della siepe e infine l’aveva addirittura messa all’asta.

Ora, i puristi del libero mercato salteranno su a proclamare che il compratore ha il sacrosanto diritto di trattare la merce come meglio crede. Ho pagato e faccio quello che mi pare.

No, invece. Esiste una cosa che si chiama rispetto. Il rispetto che sempre dovrebbe essere garantito alle opere d’arte. Perché qui torniamo alla origine stessa del mito della Ferrari. Il Drake aveva compreso una cosa soltanto in apparenza banale: costruire automobili nemmeno è troppo difficile, ma realizzare gioielli su quattro ruote in grado di sommare tecnologia e estetica, beh, è decisamente un’altra cosa. Creatività e tecnica si sposano in un mix che non può mai essere ridotto, dall’acquirente, a semplice ostentazione.

Inserendo il canterino Justin Bieber nella black list, già affollata da altri presunti Vip in salsa hollywoodiana, la Ferrari non ha esercitato alcuna… rappresaglia. Ha tranquillamente deciso che non venderà mai più una sua macchina al tizio in questione. Il quale ovviamente se ne farà una ragione, la maleducazione non ha mai ucciso nessuno: eppure, non è mai troppo tardi per imparare a distinguere tra sacro e profano, cioè tra miti e mitomani.