
I vasetti dimenticati nella villa diventano elementi chiave per la nuova indagine. Oltre al Fruttolo anche biscotti, tè, cereali, un piattino e una buccia di banana.
e Gabriele MoroniGARLASCO (Pavia)E se su uno dei vasetti di Fruttolo ci fosse il Dna di Andrea Sempio? Se lo è chiesto il legale dell’indagato. Se lo domanda la Procura di Pavia, che anche su quei contenitori di plastica rosa, dalla dubbia conservazione, ha chiesto nuove analisi. Se davvero i periti trovassero la firma dell’amico del fratello della vittima, vacillerebbe il suo racconto. Tutto ricomincia in via Pascoli. Non il 13 agosto 2007, ma otto mesi e tre giorni dopo, il 16 aprile 2008. Mancano cinque minuti alle 10 e al cancello della villetta si fermano le auto dei carabinieri e di mamma Rita e papà Giuseppe. Gennaro Cassese, capo della compagnia di Vigevano, è con i colleghi, deve ridare la casa ai Poggi, che vedono le tracce intatte del massacro: sangue, tanto sangue.
Sono le 10.15. L’ufficiale e un maresciallo indossano tuta bianca, mascherina, calzari, come non avevano fatto i primi colleghi sul posto. Staccano i sigilli e si dirigono in cucina. Due giorni prima, su istanza di Gian Luigi Tizzoni, legale dei Poggi, la pm Rosa Muscio ha disposto la restituzione della casa, ma con alcune eccezioni. Ignorati, nel secchio sotto il lavandino, stanno, infatti, i pochi rifiuti delle ore prima del delitto. Nessuno li ha presi e analizzati. La Procura ordina di prelevarli. I militari si armano di due sacchi celesti, li stendono sul tavolo. Estraggono il sacco azzurro, quasi vuoto. Con un paio di forbici lo incidono. Spuntano “un piattino in plastica”, il “contenitore vuoto di Estathé”, “la confezione del Fruttolo”, l’involucro dei “biscotti, con delle briciole” e le “due vaschette vuote, una dentro l’altra”, poi i resti di una buccia di banana. Insieme a un notes e al sacchetto dei cereali, rimasto sul mobile della sala Tv, si porta via anche la bici bianca di Chiara.
Il verbale si chiude alle 10.45. I reperti vanno alla Medicina legale dell’Università di Pavia, dove vengono subito dimenticati. Nei primi sopralluoghi del 2007, vengono presi solo pochi oggetti: il pigiama, gli indumenti intimi di Chiara, un elastico, il portavaso rovesciato, parte del tappeto del bagno, il dispenser del sapone, i capelli strappati. E dalla cucina i cartoni della pizza, mangiata con Alberto la sera prima. Si trovano, infatti, le sue impronte. I rifiuti, invece, restano lì.
Quei reperti sono la colazione che Chiara Poggi consuma al mattino, appena sveglia, prima di staccare l’allarme alle 9.12? La vittima, si chiede la Procura, ha consumato té, biscotti, Fruttolo e banana lo stesso giorno, tutta da sola? I due contenitori del Fruttolo infilati l’uno dentro l’altro suggeriscono che almeno questi siano stati raccolti e gettati insieme nel secchio. Sono di appena 80 grammi, e possono essere stati consumati da un solo soggetto. Oppure divisi fra due persone. Quando questo è accaduto? All’epoca a Garlasco c’erano solo i cassonetti.
Nessuno, quindi, specie d’estate, teneva gli scarti più del necessario. Difficile, quindi, che quei resti di colazione possano risalire a molti giorni prima del delitto. Sempio ha sempre dichiarato di non essere stato in casa Poggi se non in compagnia di Marco, fratello di Chiara. E lui parte per la montagna il 5 agosto. Improbabile che il Fruttolo sia stato lì per tutto quel tempo. Se davvero i periti trovassero tracce genetiche di Sempio sul contenitore, quantomeno, si metterebbe in discussione il suo racconto. Ma resterebbe da comprendere la dinamica. L’assassino, volto noto, colpisce Chiara a tradimento, con un’arma che forse porta con sé. Come può la vittima non notarla, aprire la porta e fare colazione con l’aguzzino? Lo diranno i Ris di Cagliari.