"Il mio salvatore era un serial killer" Mathias, il sopravvissuto per errore

Intubato dopo un lieve incidente. L’infermiere che lo soccorse tentò di ucciderlo con una iniezione letale

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di Giovanni Rossi

Professione sopravvissuto. Mathias Corssen, 47 anni, già paramedico e crocerossino, ha lo sguardo scioccato ancora oggi, quando nel salotto multimediale di Radio Brema è chiamato a interpretare se stesso: l’errore di un serial killer. E che serial killer: Niels Högel, 45 anni, infermiere e volontario del servizio ambulanze, amico e presunto salvatore, riconosciuto responsabile – solo nel 2019 – di almeno 91 morti in cinque anni, 87 dei quali giustiziati in corsia con iniezioni letali. In Germania storie come questa stregano il pubblico perché rompono i cliché sull’affidabilità tedesca e ricordano ai cultori di una vita metodica che il destino di ciascuno è una somma di coincidenze.

Il 21 giugno del 2004, Corssen, all’epoca 29enne, è alla guida della sua auto a Ganderkesee, in Bassa Sassonia, quando alle 9 di sera è investito da un camioncino di pronta consegna pizze. Si sveglia in ospedale dopo una notte e un giorno con il ricordo "di una luce brillante e scintillante" nella concitazione dei soccorsi. Eppure, la cartella clinica riporta altro: soggetto con lacerazione sul sopracciglio sinistro e normoreattività. Almeno prima di andare in arresto cardiocircolatorio tra le braccia del soccorritore che prontamente lo intuba dopo aver chiamato l’eliambulanza. Chi è l’infermiere modello? "Puoi essere contento che siamo stati noi i primi arrivare e non dei dilettanti", gli sorride in corsia Niels Högel, dipendente all’ospedale di Delmenhorst e volontario in ambulanza (coincidenza che già avrebbe dovuto allarmare le autorità per eccesso di zelo e claustrofobia professionale). Corssen, che all’epoca svolge il servizio civile come paramedico della Croce Rossa, riconosce in quella faccia il collega di molti interventi e il compagno di bevute serali al pub o in discoteca. Eppure sente che qualcosa non torna. La diagnostica ospedaliera certifica un trauma cranio cerebrale con emorragie minori. Ma i problemi sono altri e progressivamente si aggravano a dispetto delle dimissioni. Mathias soffre di disturbi motori. Ha il braccio destro che non risponde. Cessa l’attività di paramedico, smette di giocare a calcio, a 30 anni è già un rottame nonostante un anno di malattia. Finisce in depressione. E dopo che in un attacco d’ira distrugge casa, finisce in un reparto psichiatrico chiuso, travolto da "una sensazione indefinibile".

Quando esce, chi trova? Il suo (presunto) salvatore, rimasto senza casa e senza lavoro dopo l’accusa di aver iniettato il farmaco sbagliato a un cardiopatico causandone la morte. Brutta bestia la riconoscenza. Corssen ospita Högel (che si lamenta sempre e beve troppo). E così seguendo quel sesto senso fin lì represso, l’ex paramedico sbatte l’amico infermiere fuori di casa. Scelta vincente. Ma solo dieci anni dopo, nel 2014, capisce perché, quando la polizia lo informa che è "vittima di tentato omicidio" ad opera di Högel, condannato solo nel 2019 dopo aver sfiorato il traguardo dei 100 delitti inducendo l’arresto cardiaco degli intubati in terapia intensiva con iniezioni di farmaci. Poi il serial killer faceva scattare l’allarme: se il paziente si salvava, bravo l’infermiere; se il paziente – come auspicato – moriva, la missione era compiuta. Il tutto godendo di "molti tentativi di insabbiamento" sanitario, di "innumerevoli errori giudiziari" e dell’anonimato che la Germania offre agli indagati.

"Perché mi sono sentito così male per dieci anni? Col senno di poi, capisco", confida Corssen a Die Zeit. Il riesame peritale della cartella clinica ipotizza "con una probabilità che rasenta la certezza" che non l’incidente stradale ma un’iniezione anomala abbia fatto cessare il respiro del protagonista in quel 21 giugno del 2004. Poi la salvezza per destino e il privilegio di poterla raccontare.