Giovedì 18 Aprile 2024

Il mio grazie a un grande giornale

Michele Brambilla

Michele Brambilla

Lascio oggi la direzione del Quotidiano Nazionale e del Resto del Carlino, oltre che la direzione editoriale delle altre testate del gruppo, quindi La Nazione e il Giorno. Incarichi che avevo assunto a partire dalla metà di marzo del 2019. Fra i compiti che mi aveva assegnato l’editore, il cavalier Andrea Riffeser Monti, c’era quello di scegliere - e, per quanto a me possibile, aiutare a crescere - alcuni giovani che potessero, in un futuro non lontano, assumersi responsabilità di gestione. E quindi largo ai giovani, anzi alle giovani: da domani la guida delle testate del gruppo va ad Agnese Pini, già direttrice de La Nazione. Le faccio i miei complimenti e i miei auguri

Spero che l’editore sia soddisfatto del lavoro svolto in questi quasi tre anni e mezzo. In un momento drammatico per l’editoria di tutto il mondo, questo quotidiano si è confermato saldamente il secondo più venduto d’Italia in edicola, con un distacco (sul terzo) che è salito a quasi quarantamila copie. È stata avviata la transizione digitale, che Agnese Pini porterà a compimento; e mi permetto di aggiungere che - per merito di tutta la redazione - la qualità del giornale è stata riconosciuta e apprezzata anche nelle rassegne stampa, nelle tv, da grandi giornalisti.

All’editore debbo dire un enorme “grazie” che non è affatto di circostanza. Grazie perché è sempre stato correttissimo. Grazie perché lavorare in questo gruppo era un mio desiderio: in particolare dirigere il Carlino e vivere a Bologna erano un mio sogno. Andrea Riffeser Monti mi ha permesso di realizzare tutto questo. Sappia che non lo dimenticherò mai. In uno dei più bei film di Sorrentino, Le conseguenze dell’amore, Toni Servillo dice che "un amico è per sempre". Anche la mia riconoscenza, dottore: glielo assicuro. Il bene ricevuto non lo si deve scordare. Ancora grazie a lei e alla sua famiglia, ai suoi figli Sara, Matteo, Bruno.

E grazie, ovviamente, a tutti coloro che hanno lavorato in questa azienda con me. Abbraccio tutti i miei giornalisti, e a chi ho mancato di attenzione chiedo scusa: fare il direttore è un mestiere difficile. Un grande giornalista di questo gruppo, Dino Biondi, smise di fare il direttore nel 1975, a 48 anni, perché "ormai", disse, "dirigere un giornale è più un ruolo da manager che da giornalista", e lui voleva tornare alla vocazione primaria: scrivere. "Un ruolo più da manager" allora: figuriamoci oggi.

Ed è anche per questo che ho accettato senza esitazioni la proposta dell’editore di restare in questa famiglia con il ruolo di "giornalista che scrive". Non c’è niente di più bello, in questo lavoro, che il rapporto con i lettori. E a proposito: il mio grazie infinito va infine a loro: ai lettori. Arrivederci.