Mercoledì 24 Aprile 2024

Il mio canto da volontaria "È diventato un lavoro Sbaglia chi lo sottovaluta"

Sara Fontana dirige la scuola di musica Cepam a Reggio Emilia, dove ha svolto il servizio civile "Molti ragazzi oggi non hanno chiaro il senso di questa scelta, è un percorso impegnativo"

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di Giulia Beneventi

Prima un anno di servizio civile, nel 2012, poi il contratto a progetto, fino all’indeterminato nel 2015. È così che Sara Fontana, 32 anni, ha raggiunto il ruolo di direttrice della scuola di musica Cepam, a Reggio Emilia. Un percorso a più step che, con una discreta tenacia, ha trasformato i dubbi sull’università in un’occasione. "Nel momento in cui è finito il servizio civile e mi hanno chiesto di rimanere, non ci ho pensato due volte – racconta –. Credo sia un’esperienza da fare e non solo perché può offrire una possibilità d’occupazione. Prima ancora ti permette di capire ciò che fa o non fa per te, lavorativamente parlando".

Perché ha deciso di fare servizio civile?

"Studiavo canto già da diversi anni, al Cepam, e l’allora direttore era anche uno dei miei insegnanti. Fu lui a parlarmi del servizio civile, perciò feci domanda e alla fine venni selezionata, assieme a un altro ragazzo".

Senza il consiglio del suo insegnante, lo avrebbe mai preso in considerazione?

"In quel periodo ero in una sorta di limbo riguardo l’università. Frequentavo il Dams (Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo, ndr) all’università di Bologna, ma ero molto dubbiosa su quali possibilità concrete avrei avuto dopo. Quando andavo al Cepam, a lezione, vedevo sempre i volontari che si impegnavano e mi sono detta: “Sono sempre stata appassionata di canto, perché non provare?”".

Com’è riuscita poi a inserirsi nell’ambiente lavorativo?

"Il servizio civile è durato un anno e, proprio quando stava finendo, una collega ha cambiato lavoro. A quel punto mi ha formato lei, passandomi le sue mansioni, e mi è stata fatta una proposta di contratto a progetto per un paio d’anni. L’ho accettata e nel 2015 ho firmato il contratto a tempo indeterminato".

Quando è diventata direttrice?

"Due anni fa. Quello della scuola è in realtà un progetto del circolo Arci Pickwick, di cui sono diventata presidente. Ancora oggi Cepam, nata quarant’anni fa, è una delle scuole di musica più grandi e riconosciute in Emilia-Romagna".

Serve un colpo di fortuna, o sono molti quelli che iniziano con il servizio civile e poi restano?

"Il nostro caso specifico credo sia abbastanza raro, perché lavoriamo in un ambiente giovane e informale, per cui diversi decidono di rimanere. Ragazzi ma anche adulti, non ultimo un mio collega che continua a collaborare con noi come partita Iva, altri ancora diventano insegnanti".

Al di fuori della vostra realtà, invece?

"Dal mio punto di vista chi inizia il servizio civile oggi, soprattutto i più giovani, lo prende un po’ sottogamba. Come dicevo, vedo ragazzi che decidono di rimanere ma altrettanti non restano fino alla fine. Alcuni lo fanno giusto per prendere quei 400 euro al mese, altri fanno domanda ma poi non si presentano nemmeno. Quando faccio i colloqui mi capita di rimanere un po’ scioccata".

Da che cosa?

"Mi sembra che non abbiano ben chiaro il senso di ciò che stanno facendo. Alla domanda: “Sai che cos’è il servizio civile, o com’è nato?” ricevo risposte davvero assurde. Faticano a comprendere, secondo me, qual è il vero scopo del servizio civile e lo prendono solo come un lavoretto di passaggio".

Che cos’è cambiato, rispetto anche solo a dieci anni fa?

"Credo che spesso non si affronti più il servizio civile con il giusto atteggiamento, ovvero col comprendere che comunque si sta lavorando e si è, appunto, in servizio. Non è un impegno per cui alle 18, non un minuto di più, ci si alza dalla sedia e arrivederci. È un percorso impegnativo che richiede formazione e specifiche competenze; negli ultimi anni invece ho la sensazione che prevalga l’approccio ‘a catena di montaggio’, e penso sia un peccato".