Giovedì 25 Aprile 2024

Il ministro Musumeci "Tempi e risorse certi per una ricostruzione veloce Ed è ora di aprire cantieri"

Il responsabile della Protezione civile: il commissario sarà nominato solo alla fine dell’emergenza "Contro il dissesto idrogeologico siamo pieni di progetti, adesso è il momento di intervenire".

di Claudia Marin

Tempi e risorse certi per la ricostruzione. Nomina del commissario per la sua gestione alla fine della fase emergenziale. Riforma del modello di intervento post-calamità. E, contro il rischio idrogeologico della Penisola, "basta carte: servono i cantieri". Con l’Emilia-Romagna ancora sott’acqua, ma pronta a rialzarsi, il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, fissa l’agenda dei prossimi mesi.

Le popolazioni colpite guardano alla ricostruzione. Come sarà organizzata?

"La fase della ricostruzione si apre, com’è ovvio, solo dopo il superamento dello stato di emergenza. A gestire questa fase abbiamo chiamato il presidente della Regione Emilia-Romagna e abbiamo deliberato una dotazione finanziaria di oltre due miliardi di euro, nello spazio di pochissimi giorni, a sostegno della popolazione colpita. Credo che tanta tempestività ed efficienza non abbiano precedenti. Il compito del presidente-commissario è quello di ridurre il rischio residuo e di rimuovere gli ostacoli che impediscono la ripresa delle normali condizioni di vita nelle zone alluvionate. Come prevede il Codice di Protezione civile, la durata della gestione commissariale per l’emergenza è fino a dodici mesi, che può essere revocata anche molto prima. Chiusa questa fase, si passerà alla nomina del Commissario per la ricostruzione. La sua individuazione e nomina non sono ancora temi all’ordine del giorno. Sull’argomento leggo in questi giorni notizie e ipotesi dettate, presumo, solo dal gusto della polemica".

I governatori delle regioni spingono solitamente per essere loro stessi i commissari.

"Le rispondo da convinto autonomista e da ex presidente della più grande regione italiana. L’interesse di un governatore è sempre quello di restituire, nel più breve tempo possibile, il suo territorio e la sua gente alla normalità, dopo un’alluvione, un terremoto, una frana o un incendio boschivo. Che questo risultato lo ottenga Tizio o Caio non credo sia rilevante, anche perché la nomina del ’ricostruttore’ è sempre operata da Roma d’intesa con il presidente della Regione, come vuole la legge".

Quali i tempi e le procedure per la ricostruzione?

"Tutte le fasi di ricostruzione post calamità vorremmo si esaurissero in un anno. Si fa per dire! Purtroppo, la realtà ci ha abituati, nel passato, a tempi assolutamente inaccettabili. Parlo anche di decenni. È chiaro che la durata rimane legata soprattutto alla natura e all’entità del danno subito dal territorio, ma non c’è dubbio che sia mancata, da parte dello Stato, una severa azione di controllo e di verifica Nel nostro caso, c’è la volontà da parte del governo di cambiare registro e fissare tempi certi e relative risorse".

Ci vorranno risorse ingenti: come si pensa di trovarle?

"Credo che il metodo più ragionevole sia quello di cominciare con il reperimento del denaro stanziato negli ultimi vent’anni per mitigare il rischio e rimasto nei cassetti inutilizzato. Con collega Fitto, al tempo stesso, stiamo analizzando la possibilità di attingere a pertinenti fondi europei e, non appena ci arriverà dalla Regione la documentazione completa, avanzeremo istanza a Bruxelles per accedere al Fondo di solidarietà. Si agirà gradualmente, con lo studio geologico del terreno, la progettazione e l’aggiudicazione dei lavori. La mia proposta è quella di erogare risorse a mano a mano che si va avanti nella procedura. Ma tutto va fatto con la possibile celerità".

State lavorando a una nuova organizzazione nazionale per gestire la ricostruzione. Quale è il modello?

"L’ipotesi di lavoro del nostro dipartimento obbedisce essenzialmente a due obiettivi: semplificare le procedure e fissare un termine certo per il completamento. Quando la bozza del provvedimento sarà pronta, spero prestissimo, ci confronteremo in Consiglio dei ministri".

È plausibile una figura come quella del generale Figliuolo per la pandemia?

"Non mi risulta che si stia parlando di questo. L’unica cosa certa è che dobbiamo evitare di continuare a varare una legge per ogni calamità. Serve un modello unico nazionale, che comprenda le specificità legate alla diversità dell’evento calamitoso".

Il rischio idrogeologico riguarda tutto il Paese: che cosa ha impedito di mettere in sicurezza la Penisola?

"Siamo sommersi da piani e strumenti di pianificazione, gli armadi degli uffici pubblici sono strapieni. Non so quanto denaro sia stato speso negli ultimi trent’anni per studi ed elaborati tecnico-scientifici sul rischio idrico, idrogeologico, sismico. Che ce ne facciamo se poi non diventano strumenti operativi? Sembra che gli incarichi siano stati dati più per favorire il professionista che per aiutare il territorio. L’ultimo esempio di disarmante inerzia lo offre il Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico. Avviato nel 2016, non è stato ancora approvato, malgrado si siano alternati cinque governi. Noi abbiamo posto come limite ultimo l’inizio del prossimo anno. Basta carte: servono i cantieri!".