Venerdì 19 Aprile 2024

Il ministro Giovannini: opere da accelerare. "Dimezzare i tempi o addio soldi Ue"

"Per essere finanziate col Recovery devono essere funzionanti già nel 2026"

Il ministro Giovannini

Il ministro Giovannini

Roma, 4 aprile 2021 - "La sostenibilità è oggi il fil rouge di tutte le politiche, del nostro ministero e non solo. Avere infrastrutture sostenibili è un elemento di competitività. L’UE ha scelto l’Agenda 2030 dell’ONU come architrave di tutte le politiche e anche il programma Next Generation EU è costruito con questa logica. Il cambio di nome del ministero è quindi il riconoscimento di questa nuova realtà. E il Pnrr è una grande occasione da cogliere". Così Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, professore ordinario di statistica economica all'università di Roma Tor Vergata e docente di sviluppo sostenibile alla Luiss. Giovannini è stato chief statistician dell'Ocse, poi presidente dell'Istat, quindi Ministro del Lavoro. E dal 2016 alla nomina a ministro delle Infrastrutture è stato portavoce dell'Asvis l'Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile. 

Ministro Giovannini che vuol dire opere infrastrutturali sostenibili?

"La definizione fu adottata dal G20. Tipicamente sono sei le caratteristiche di una infrastruttura sostenibile. La prima deriva dal fatto che si tratta di una infrastruttura che non produce benefici solo economici ma anche di natura sociale e ambientale. Il secondo aspetto è che l’opera va valutata nell’intero arco della sua vita, il terzo requisito è che essa sia compatibile con il rispetto dell’ambente. E poi bisogna che sia condivisa dalla società, abbia una governance efficace del processo e tenga conto dell’efficienza dell’investimento". 

Nelle sue linee programmatiche lei scrive che "la ripresa e la resilienza nel nostro Paese dipendono in modo decisivo dalla dotazione di opere infrastrutturali", c’è però un problema di capacità di realizzazione, come dimostrano gli 11 anni necessari per completare una opera pubblica di importo sopra 5 milioni di euro. Tra necessità e capacità realizzativa c’è un mondo. Come se ne esce?

"Facciamo un passo indietro. L’insufficienza infrastrutturale del nostro paese non dipende solo dai ritardi, ma anche da una carenza ormai ventennale dagli investimenti. A questo si aggiunga il fatto che molte delle nostre infrastrutture sono state realizzate nel secondo dopoguerra e quindi hanno proprio ora bisogno di interventi di manutenzione straordinaria e di rifacimento. Non basta quindi semplificare le procedure, occorre anche investire molto di più".

Ma perché in Italia ci vuole così tanto tempo a realizzarle? 

"Perché una serie di procedure sono lunghe e talvolta contraddittorie, perché a causa del depauperamento del capitale umano, della mancanza di un ricambio generazionale e di nuove competenze molte stazioni appaltanti non sono in grado di produrre progetti adeguati. Inoltre, i processi decisionali coinvolgono troppi soggetti e questo determina ulteriori rallentamenti".

Come intende intervenire?

"Due settimane fa, insieme al Ministro Brunetta, ho insediato una commissione della quale fanno parte Corte dei Conti, Consiglio di Stato e Autorità anticorruzione per studiare come cambiare il processo che determina una opera pubblica. Parallelamente un altro gruppo nel ministero sta lavorando per re-ingegnerizzare le procedure, ad esempio anticipando al massimo il giudizio sulla conformità del progetto. E anche il dibattito pubblico andrà anticipato. Dobbiamo fare presto. Se una opera pubblica impiega 10 anni per essere realizzata e il Recovery Plan ci dà solo 5 anni perché entri in funzione, pena la perdita dei finanziamenti, è chiaro che dobbiamo intervenire in modo abbastanza radicale: non possiamo perdere l’occasione di spendere bene e rapidamente i circa 200 miliardi del Next Generation EU. L’obbligo di avere opere in esercizio entro il 2026 non è solo un limite ma anche uno stimolo importante che vogliamo e dobbiamo raccogliere".

Il Parlamento ha dato il via libera al commissariamento di 58 opere, già finanziate per 40 miliardi su un valore complessivo di 66 miliardi. Che succede ora, le commissariate tutte?

"A questo primo blocco di 58 opere corrispondono 29 commissari e il processo è ormai alla fase finale. Ho ricevuto il concerto dei presidenti delle Regioni e abbiamo già preparato i 29 Dpcm per procedere nei prossimi giorni alla loro nomina. La buona notizia è che essendo i commissari dei tecnici che lavorano in Anas, Rfi e altre aziende specializzate, sono in pratica già al lavoro, tanto è vero che insieme al Dpcm illustreremo i cronoprogrammi opera per opera. Ora questo non si significa che si apriranno subito i cantieri, perché molte di queste opere sono ferme alla fase della progettazione, ma alcuni cantieri verranno aperti in pochi mesi, e l’intero processo avrà una forte accelerazione".

Quali opere tra queste sono le più significative?

"Quattordici sono opere stradali, tra le quali la 106 Ionica, la Grosseto-Fano e la Salaria Roma-Ascoli. Sedici sono invece opere ferroviarie fra le quali l’alta velocità Battipaglia-Reggio Calabria, quella fra Brescia-Verona-Padova e tra Messina-Catania-Palermo, il potenziamento della Fortezza-Verona, il completamento del raddoppio della pontremolese, la Codogno- Cremona-Mantova. E poi la linea C della metropolitana e la chiusura dell’anello ferroviario di Roma. E ci sono 14 infrastrutture idriche, con un accento particolare per una opera fondamentale come l’acquedotto del Peschiera. E ancora, interventi sui porti di Livorno, Genova e Palermo e per la realizzazione di infrastrutture per le Forze dell’ordine e le cittadelle giudiziarie". 

Lei ha promesso un secondo decreto a breve, con ulteriori opere.

"Abbiamo chiesto alle stazioni appaltanti se ci sono altri casi per i quali procedere al commissariamento. Entro fine aprile ci sarà una nuova lista di opere. E comunque nel Pnrr ci sono investimenti molto importanti, specialmente al Sud, ma anche nuove reti tranviarie delle principali città del Centro e del Nord, il Progetto integrato porti d’Italia che comporterà interventi su molti porti, da Ravenna a Venezia, da Trieste a Livorno, da Ancona a la Spezia, Civitavecchia, Cagliari, Napoli e Palermo e poi le linee ferroviarie diagonali Orte-Falconara e Roma-Pescara e molto altro".

Nel Pnrr ci sarà anche il Ponte sullo Stretto di Messina?

"No, perché non è un’opera che potrebbe essere completata nel 2026. Ma presenterò in tempi brevi al Parlamento l’esito del lavoro della commissione istituita per la valutazione del collegamento stabile dello Stretto, così da aprire al più presto un dibattito pubblico".