di Luca Bolognini C’eravamo abbastanza amati. La Russia si è sentita tradita dall’Italia, una nazione che considerava amica. L’appoggio di Roma alle sanzioni europee ha preso in contropiede Sergei Lavrov, tanto che il ministro degli Esteri della Federazione ai microfoni di Rete 4 è sbottato: "Mi sembrava che il popolo italiano e l’Italia avessero un approccio un po’ diverso rispetto alla propria storia, alla giustizia nel mondo, all’equità e che sapessero distinguere il bianco dal nero". Molti hanno letto nelle sue parole un’allusione ai buoni rapporti politici del passato, visto che Silvio Berlusconi nel 2015 fu tra i primi leader europei a recarsi nella Crimea occupata. Altri hanno pensato a una velata minaccia a partiti ‘amici’ che si stanno defilando, come la Lega – che dal 2017 ha un accordo di cooperazione con Russia Unita, la formazione del presidente, e che negli anni scorsi è rimasta invischiata in un caso di presunti finanziamenti da Mosca – o il M5s a trazione Giuseppe Conte, che da premier promise di alleggerire le sanzioni contro il Cremlino e che poi è rimasto coinvolto nell’affaire aiuti Covid dalla Federazione. "I russi, per motivi abbastanza noti, considerano l’Italia un Paese meno ostile di altri: non a caso il ministro degli Esteri si è fatto intervistare su Rete 4. Ragionano per popoli, non per partiti, correnti o individui: tutti la devono pensare allo stesso modo. Quindi per una persona dell’estrazione culturale di Lavrov – fa notare Anna Zafesova, editorialista de La Stampa ed esperta di Russia – è normale parlare di popoli". E i rapporti con la politica, il più delle volte non passano per canali istituzionali. "Russia Unita non è un vero partito. Di accordi come quello con la Lega – prosegue – ne avrà scritti con chiunque li chiedesse. I contatti per altri tipi di operazione ...
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