Il medico di Maradona indagato per omicidio

È accusato di aver chiamato in ritardo i soccorsi: "Non me l’aspettavo". L’avvocato del Pibe de Oro: "Diego poteva essere salvato"

di Riccardo Jannello

Non può riposare in pace Diego Armando Maradona. Il giallo sulla sua morte si allarga e c’è il primo indagato per omicidio colposo. Si tratta dell’ultimo medico personale del Pibe de Oro, Leopoldo Luque, 39 anni, neurochirurgo, uomo-fashion da copertina di riviste, frequentatore dell’alta società, sposato con una dottoressa e padre di due figli, padrone della clinica privata Olivos dove il 3 novembre ha operato alla testa Maradona per ridurgli l’edema subdurale al cervello.

Trenta agenti hanno perquisito la sua casa di Avenida del Libertador e trenta si sono presentati nello stesso momento alla clinica di La Plata per sequestrare cartelle cliniche e ogni cosa che riguardasse le comunicazioni fra lui e Diego o il suo entourage, compreso il telefonino personale. Poche parole da parte del dottor Luque: "Non me lo aspettavo". Era stato lui, mercoledì alle 12,16, a informare i soccorsi con una telefonata dalla clinica che reclamava un intervento urgente per una crisi cardiaca a casa "di un uomo approssimativamente di 60 anni in San Andrés". Nella telefonata, 39 secondi, non è mai stato nominato il nome Maradona. Peccato che a quell’ora Diego fosse già morto da almeno quindici minuti e che i tentativi di rianimazione dell’infermiera di turno, Dahiana Gisela Madrid e di due medici presenti, fossero falliti. Anche uno di loro potrebbe presto essere inquisito. Luque deve spiegare al pool apposito creato dal procuratore di San Isidro, John Broyad (fra i componenti ci sono due donne), quei dubbi che sono già stati esposti dalle figlie di Diego – Dalma, Gianina e Jana – e dal medico che ha preceduto Luque nella cura del campione, Alfredo Cahe. Quale è stato il protocollo per la dimissione dalla clinica di Maradona, considerata troppo rapida; com’è stata organizzata la degenza casalinga; come mai il neurochirurgo non era in quel momento a San Andrés nonostante fosse stato avvertito subito, verso le 11, del malore del campione; quali farmaci erano stati prescritti valutando le condizioni generali del paziente e con che regolarità lui stesso controllava la salute del suo assistito. E poi: che cosa in verità è successo il 19 novembre quando fra Maradona e Luque ci sarebbe stato un grosso litigio davanti a testimoni, dopo il quale le visite dell’illustre clinico a casa di Diego si sarebbero interrotte fino al fatale 25 novembre, quando è arrivato, ma ben dopo la morte del Diez.

La decisione dei magistrati vede d’accordo l’avvocato di Diego, Matias Morla: "Maradona poteva essere salvato". Chi si sente molto in pericolo è invece Diego Molina, uno dei tre dipendenti delle pompe funebri Pinier accusato di profanazione di cadavere per il selfie sulla bara aperta di Diego. Pur se il reato non prevede la carcerazione, l’uomo si è costituito perché ha paura di essere davvero ucciso a bastonate come qualche esagitato gli ha promesso sul web.