Venerdì 19 Aprile 2024

Il martirio di Saman Il bacio col fidanzato scatenò la follia del padre "L’ho uccisa per onore"

La 18enne postò una foto innocente scattata in strada a Bologna. L’immagine fece infuriare l’uomo, poi intercettato al telefono. Chiamò il fratellastro: "La mia dignità conta più di qualunque cosa"

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di Daniele Petrone

Il bacio di un amore proibito dalla famiglia, tanto da arrivare ad ammazzare una figlia. "L’ho uccisa per la mia dignità, per il mio onore". L’atavica confessione è di Shabbar Abbas, il padre di Saman, la 18enne pachistana scomparsa e il cui corpo non è mai stato ritrovato, che si presume essere stata vittima di omicidio la notte del 30aprile 2021 a Novellara, nella bassa reggiana. Parole che gelano il sangue in una telefonata col fratellastro, intercettata dai carabinieri l’8 giugno – a poco più di un mese dal presunto decesso della giovane – depositata negli atti del processo che inizierà il 10 febbraio a Reggio Emilia. Procura e inquirenti sono convinti che si tratti di un ‘delitto d’onore’, la barbara pratica ancora in voga nelle zone rurali del Pakistan – nonostante una legge del 2016 l’abbia vietata nel Paese – secondo la quale chi disonora la famiglia vada punita a morte. A Saman sarebbe toccata proprio questa terribile sorte, ‘rea’ per la sua famiglia Chowdury (la casta a cui appartiene) di essersi opposta al matrimonio combinato con un cugino più grande di lei di dieci anni, nella patria d’origine, scappando poi di casa per sfuggire al destino pilotato. Ma ‘colpevole‘ anche di voler sposare il ragazzo ‘sbagliato’.

Un amore impossibile quello fra Saman e Saqib. E proprio una foto di un loro bacio, schioccato tra le vie di Bologna e pubblicato sui social avrebbe acceso la scintilla d’ira della famiglia di lei che già aveva minacciato più volte il ragazzo persino con un raid armato intimidatorio sotto casa dei familiari in Pakistan.

"Per me la dignità degli altri non è più importante della mia", dice al telefono Shabbar, intimando al fratellastro col quale non era in ottimi rapporti (e che invece era come un padre per Saman) di non dire nulla. "Io sono già rovinato – continua il capostipite degli Abbas nella conversazione captata –. Avete parlato di me in giro, non lascerò in pace la vostra famiglia. Chi parlerà di me, io non guarderò più in faccia a nessuno. Non me ne frega nulla di nessuno".

Shabbar è latitante assieme alla moglie Nazia Shaheen, in Pakistan, dove si sono rifugiati dal primo maggio, all’indomani della scomparsa della figlia. Entrambi sono imputati per l’omicidio premeditato in concorso con i cugini di Saman – Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq – e lo zio Danish Hasnain, ritenuto l’esecutore materiale dal pm Laura Galli. Questi ultimi tre sono tutti in custodia cautelare in carcere, dopo essere stati arrestati all’estero – tra Francia e Spagna dov’erano fuggiti (con tanto di selfie scattato tra loro nel cassone di un autotreno prima di arrivare a Marsiglia dove le loro strade si sono divise secondo il piano orchestrato) – e poi estradati. Erano stati tutti ripresi dalle telecamere esterne dell’azienda agricola di Novellara dove lavoravano tutti come braccianti, mentre con pale e secchio si dirigevano verso i campi il giorno prima della scomparsa di Saman, presumibilmente per preparare il delitto.

"Noi l’abbiamo uccisa", senza fare nomi specifici, ma riferendosi chiaramente al contesto familiare, l’ultima scioccante sfumatura delle ammissioni di Shabbar. Il quale, assieme alla moglie, avrebbero consegnato la figlia – attratta con l’ingannevole promessa di lasciarle andare dove desiderasse – ai tre parenti per ammazzarla. I filmati della videosorveglianza di quel maledetto fine giorno d’aprile mostrano Saman mentre esce da casa col suo amato zainetto accompagnata dal padre e andare verso i campi. nelle immagini, torneranno Indietro, pochi minuti dopo, solamente il papà e lo stesso zaino color avorio in spalla. Infine, il buio. L’oscurità dov’è sparita per sempre Saman.